Cessione dell’oro, la parola alla Corte di Cassazione

Ai fini dell’operatività del “reverse charge” è essenziale il tenore di purezza dell’oro

In tema di applicazione del regime dell’inversione contabile per il cessionario dell’oro venduto, con la sentenza n. 1787/2024 la Corte di Cassazione ribadisce che la nozione di “semilavorato” serve a escludere i prodotti finiti e quelli mai sottoposti a lavorazione.

Ciò che conta per l’applicazione dell’inversione contabile è invece il tenore d’oro del bene.

Più è elevata la purezza dell’oro, maggiore sarà il rischio di frodi fiscali.

“Per stabilire se una cessione rientra nell’ambito dell’art.198 paragrafo 2 della Direttiva – spiega Fedele Santomauro, consigliere d’amministrazione della Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili – è essenziale il tenore di purezza dell’oro contenuto nel bene ceduto, mentre non è rilevante se la trasformazione del materiale d’oro o del semilavorato è eseguita direttamente dal cessionario”.

Sono quindi fondamentali la purezza del prodotto e la sua destinazione non immediata al consumo, con l’intenzione di essere trasformato in un altro oggetto e di intraprendere un nuovo ciclo economico.