Reati tributari, la condotta della ‘testa di legno’ costituisce prova del dolo

La sentenza n.13090/2023 della Corte di Cassazione

In tema di reati tributari, come stabilito dalla Corte di Cassazione (sentenza n.13090/2023), la scelta della ‘testa di legno’ di abdicare ai propri doveri di amministrazione in favore dei gestori occulti dell’impresa può essere valutata, insieme ad altri elementi quale prova del dolo.

“Gli Ermellini hanno precisato che tale reato, di cui all’art. 5 del D.lgs. n. 74/00 – sottolinea Marco Cuchel, presidente dell’Associazione Nazionale Commercialisti – si consuma alla scadenza del termine stabilito per la presentazione della dichiarazione, momento nel quale deve sussistere il dolo specifico di evasione il quale, a sua volta, presuppone la consapevolezza dell’ammontare delle imposte evase e non dichiarate, mentre non è richiesta la coincidenza tra il soggetto gravato dell’obbligo dichiarativo e quello che ha posto in essere le operazioni imponibili”.

“Per la Suprema Corte, che il ricorrente fosse una mera ‘testa di legno’ – aggiunge Cuchel – è argomento che non risulta affermato con chiarezza nelle sentenze di merito e che, non solo non prova la mancanza del dolo specifico di evasione ma costituisce argomento di prova contrario, posto che la deliberata scelta di abdicare ai propri doveri di amministratore può essere valutata quale prova della consapevolezza di accedere ad un progetto illecito fatto proprio mediante la condotta omissiva”.

Tale consapevolezza è tratta dai Giudici di merito dall’ammontare delle imposte evase, dalla totale mancanza delle scritture contabili e, ovviamente, dalla reiterazione della condotta, omessa per ben due anni consecutivi.