Industria armi finanziata con 1.000 mld di dollari in due anni

Al summit delle banche etiche il nuovo rapporto su finanza e armamenti

Milano, 28 feb. (askanews) – “Stop a finanziamenti e investimenti nel settore delle armi”: è l’appello lanciato alle banche tradizionali di tutto il mondo dalla Global Alliance for Banking on Values, Gabv, la rete di oltre 70 banche inclusive e sostenibili attive in 45 Paesi e che si oppongono fermamente al finanziamento della produzione o del commercio di armi. L’appello è contenuto in una “Dichiarazione per la pace” che condanna la violenza e sollecita le istituzioni finanziarie tradizionali a disinvestire dal settore delle armi e rifiuta l’ipotesi che il finanziamento di armi e armamenti rientri nella definizione di finanziamento sostenibile.

La chiamata di responsabilità rivolta ai colleghi degli istituti tradizionali è stata fatta a Milano in occasione del vertice annuale della Gabv che si è svolto per la prima volta in Italia ed è stato organizzato da Banca Etica e Etica Sgr.

Nel corso del summit è stato presentato anche il nuovo Rapporto “Finance for War. Finance for Peace” che ricostruisce ed evidenzia il ruolo critico del settore finanziario globale nel facilitare i conflitti militari.

Tra il 2020 e il 2022 – si evidenzia nel Rapporto – il settore finanziario globale ha investito almeno 1.000 miliardi di dollari per sostenere l’industria delle armi; una cifra per altro sottostimata a causa della mancanza di trasparenza nel settore. Più della metà dell’investimento totale, è apportato dagli Stati Uniti, mentre altri 79 miliardi di dollari provengono dai primi 10 investitori europei. Le 15 maggiori banche europee, da sole, investono in aziende produttrici di armi 87,72 miliardi.

“Questo rapporto vuole analizzare il coinvolgimento del settore finanziario nella produzione e nel commercio di armi utilizzate nei conflitti su larga scala, confrontando le politiche e le pratiche delle banche tradizionali con quelle delle banche etiche basate sui valori”, ha detto Mauro Meggiolaro di Merian Research, società di consulenza berlinese che ha realizzato il Rapporto commissionato da Fondazione Finanza Etica e Gabv.

I numeri forniti nel rapporto sono una stima prudente del finanziamento globale totale delle armi. Le informazioni sono state reperite da fonti affidabili e conosciute, ma il Rapporto sottolinea le difficoltà nell’ottenere dati completi a causa della mancanza di trasparenza in questo campo: non esiste un database ufficiale che raccolga tutti gli investimenti, i prestiti e i servizi delle istituzioni finanziarie globali nell’industria delle armi.

I dati evidenziano l’impennata delle quote dei produttori di armi in seguito ai conflitti in Ucraina nel 2022 e in Palestina nel 2023, e mostrano gli incentivi finanziari che stanno dietro ai conflitti generando una economia della distruzione. Per avere una idea di quanto pesi l’economia della guerra l’International Peace Bureau ha “tradotto” il costo di specifici armamenti in beni e servizi sanitari, dimostrando i potenziali usi alternativi dei fondi destinati alle armi. Ad esempio, una fregata europea multiruolo (FREMM) vale lo stipendio di 10.662 medici all’anno (media dei Paesi OCSE), un aereo da combattimento F-35 equivale a 3.244 letti di terapia intensiva e un sottomarino nucleare classe Virginia costa quanto 9.180 ambulanze. La metà dei fondi stanziati dai governi a livello globale per le forze armate (oltre 2 miliardi) sarebbe sufficiente a fornire l’assistenza sanitaria di base a tutti gli abitanti del pianeta e a ridurre significativamente le emissioni di gas serra.

Un fenomeno particolarmente allarmate viene inoltre sottolineato ne Rapporto “Finance for War. Finance for Peace”: mentre l’esclusione del settore degli armamenti è comune a molti fondi di investimento che si dichiarano “sostenibili”, alcune istituzioni finanziarie stanno ora riconsiderando le loro politiche di investimento a seguito della guerra in Ucraina. Nel novembre 2023, inoltre, i ministri della Difesa dell’UE hanno approvato una dichiarazione congiunta a favore dell’inclusione dell’industria degli armamenti nei quadri di investimento ESG.

Al contrario, la visione di una banca basata sui valori, rappresentata dal Gabv, si oppone fermamente al finanziamento della produzione o del commercio di armi. Le 71 banche aderenti al Gabv non hanno alcuna esposizione materiale all’industria delle armi e la maggior parte di esse (73%) adotta politiche esplicite per escludere armi di qualsiasi tipo da prestiti e investimenti.

“La pace è una condizione preliminare per finanziare cambiamenti sociali e ambientali positivi – ha detto Martin Rohner, direttore esecutivo del Gabv – Ecco perché il finanziamento dell’industria delle armi è in contrasto con qualsiasi definizione di finanza sostenibile. Ed è per questo che il movimento bancario basato sui valori ha scelto di non finanziare le armi. Chiediamo all’industria finanziaria di smettere di alimentare la produzione e il commercio di armi. E iniziamo a trarre profitto dalla pace, non dalla guerra”.

Con questa dichiarazione, la Gabv “si impegna a continuare e intensificare i suoi sforzi per promuovere la pace, in tutte le sue forme, e invita le istituzioni finanziarie di tutto il mondo a seguire il suo esempio e a disinvestire dall’industria delle armi che propaga i conflitti in tutto il mondo”.