D.i.Re: “Il piano antiviolenza sulle donne non c’è, i centri sì”

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ROMA – Un altro spazio delle donne in bilico tra la distrazione della politica e la scarsa efficienza delle istituzioni. Questa volta è il turno del centro antiviolenza ‘Catia Doriana Bellini’ di Perugia che rischia di vedere vanificati anni di impegno per il contrasto alla violenza di genere e di attività dedicata all’accoglienza delle donne vittime di violenza sul territorio umbro. Così in una nota stampa D.i.Re-Donne in Rete contro la Violenza.

“Il piano nazionale antiviolenza è scaduto a dicembre 2020, ancora non si ha notizia del nuovo – e tantomeno dei finanziamenti fermi allo scorso anno – e, a fronte di una totale precarietà economica e progettuale, il Centro di Perugia non ce la fa più a sostenere a regime un’attività che, dal 2014 ad oggi, ha visto le sue operatrici accogliere oltre 1.800 donne e ad ospitarne 152 con 164 minori”, continua D.i.Re.

“È trascorso un anno da quando abbiamo scritto alla ministra Bonetti per denunciare la mancanza di risorse strutturali per la prevenzione della violenza e il sostegno alle donne, chiedendo al governo di mettere la prevenzione e il contrasto della violenza di genere in cima alla lista delle sue priorità- dichiara Antonella Veltri, presidente di D.i.Re- con l’unico risultato di avere l’ennesimo centro antiviolenza costretto a ridimensionare le proprie attività. Ma voglio ricordare alle donne che noi ci siamo e ci saremo sempre per loro, perché i centri antiviolenza della rete D.i.Re sono anche e soprattutto degli spazi politici per la costruzione della libertà delle donne: impossibile fermarli e tantomeno chiuderli”.

“Dopo molte sollecitazioni è arrivata oggi una prima risposta da parte del Comune di Perugia, ma questa situazione di precarietà che mina la sopravvivenza dei centri antiviolenza non può essere sostenuta ad oltranza- afferma Elena Bistocchi, presidente dell’associazione ‘Libera…Mente’ che gestisce il Centro antiviolenza perugino-. Ci aspettiamo che si crei un canale di comunicazione fluido e costante con le istituzioni locali, in attuazione dei protocolli che sono stati siglati e che ci permetta di programmare – seppure a breve termine, viste le modalità di stanziamento dei fondi nazionali – attività che garantiscano alle donne che si rivolgono ai nostri Centri continuità e regolarità”.

“La Convenzione di Istanbul è disattesa, il governo non programma risorse strutturali- conclude Veltri- i Centri antiviolenza sono costretti a sospendere le attività, sostenute con determinazione ma anche con estrema fatica e con una quota enorme di volontariato, mentre i femminicidi e le violenze sulle donne non accennano certo a diminuire. Ma evidentemente questa non è una priorità per il nostro governo”.

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