Bce, giovedì deve scegliere se alzare ancora i tassi o fare una pausa

Incertezza elevata, debolezza economia alimenta pressioni per stop

Roma, 13 set. (askanews) – Giovedì torna a riunirsi il Consiglio direttivo della Banca centrale europea, in occasione delle decisioni che ogni sei settimane vengono prese sulla politica monetaria e, in questa fase, in particolare sul livello dei tassi di interesse. L’incertezza che circonda gli esiti di questa riunione appare più elevata rispetto alle decisioni precedenti.

Nell’ultimo anno, cercando di contrastare l’alta inflazione, la Bce ha alzato i tassi di 425 punti base complessivi (4,25 punti percentuali). Negli ultimi mesi il caro vita ha iniziato a moderarsi, ma al 5,3% a luglio per la media dell’eurozona resta ben al di sopra del valore obiettivo perseguito dall’istituzione (2% simmetrico).

Dal direttorio di fine luglio in poi diversi esponenti della Bce e dell’Eurosistema – nel Consiglio siedono tutti i governatori di Banche centrali nazionali dell’area euro – hanno ribadito il messaggio che giovedì sono possibili due opzioni: operare un nuovo aumento dei tassi (con ogni probabilità da 25 punti base) oppure mantenere lo status quo in vista di future ulteriori decisioni.

La debolezza degli sviluppi dell’economia delle ultime settimane ha alimentato le attese per la seconda possibilità. Tuttavia il persistere dell’inflazione sopra i livelli di guardia potrebbe rendere la questione molto dibattuta.

La Bce comunicherà le sue decisioni alle 14:15 italiane e mezz’ora dopo la presidente Christine Lagarde terrà la consueta conferenza stampa informativa.

Intanto la Bce ha pubblicato il suo parere tecnico sulla tassa straordinaria sugli extra profitti delle banche in Italia approntata dal governo. Nel documento vengono ravvisati rischi di compromettere la trasmissione delle misure di politica monetaria, di favorire la frammentazione del sistema bancario rispetto al resto dell’Ue e di aumentare i costi per attirare nuovo capitale.

La Bce raccomanda “cautela” su questa misura, per garantire che l’imposta “non incida sulla capacità dei singoli enti creditizi di costituire solide basi patrimoniali e di effettuare adeguati accantonamenti”, per eventuali futuri deterioramenti del credito.

Inoltre la Bce richiede che al fine di valutare l’applicazione dell’imposta dal punto di vista della stabilità finanziaria il decreto venga “accompagnato da un’analisi approfondita delle potenziali conseguenze negative per il settore bancario”, con in particolare uno studio sull’impatto sulla redditività a lungo termine, sulla base patrimoniale, sull’accesso ai finanziamenti e sulla concessione di nuovi prestiti, sulle condizioni di concorrenza sul mercato e sul mercato delle liquidità.