Turismo, “boom di cammini chiusi dai privati”: il Cai richiama l’Emilia-Romagna

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BOLOGNA – Durante la pandemia la manutenzione dei sentieri sulle alture bolognesi non si è mai interrotta, quindi chi approfitterà della bella stagione per fare un’escursione troverà percorsi “percorribili, senza ostacoli naturali. Speriamo soltanto di non trovarne di altro tipo perchè, purtroppo, sempre più spesso capita che i privati chiedano di chiudere i sentieri o addirittura che li chiudano senza neanche prospettare questa possibilità”. A segnalare il tema è il presidente del Cai di Bologna, Stefano Osti, che ha affrontato il tema nei giorni scorsi partecipando alla presentazione della 30esima edizione di Trekking col treno.

Le chiusure dei sentieri si registrano “in particolare sulle colline di Bologna”, continua Osti, perchè si tratta di aree “di maggior pregio e più antropizzate”. Ma in realtà il fenomeno avviene “anche altrove, nei Comuni dell’area metropolitana e questo riguarda addirittura sentieri secolari o comunque tabellati Cai da decenni”, sottolinea il presidente.

“In alcuni casi le ragioni sono comprensibili, magari un sentiero passa molto vicino a una casa in disuso negli anni scorsi che oggi invece è stata ristrutturata ed è abitata”, continua Osti, ma altre volte si tratta di “semplici questioni di principio”. A giustificare queste mosse “a volte è un’idea di proprietà un pochino esagerata, poi in qualche caso la motivazione- riferisce sempre Osti- sta anche nel fatto che è aumentata la frequentazione di colline e montagne, visto che non si può andare altrove”. Nella scorsa stagione “la frequentazione dell’Appennino è cresciuta a dismisura e purtroppo questo porta in montagna anche persone che potremmo definire poco educate- afferma il presidente del Cai- che schiamazzano, abbandonano rifiuti e così via”. Quindi, continua Osti, “un privato che ha sempre consentito il passaggio di un sentiero sul proprio podere si trova a contrastare questi comportamenti”.

Un caso celebre, a Bologna, è stato ad esempio quello dell’Eremo di Ronzano. “Questo punto di vista è comprensibile, però non possiamo pensare che per questo motivo si arrivino a chiudere i sentieri e questo avviene, purtroppo- rimarca il presidente del Cai- perchè la legge regionale 14 del 2013, che istituiva la Rete escursionistica dell’Emilia-Romagna (Reer) è inattuata da ben otto anni”.

Si tratta di una “grave lacuna”, lamenta Osti, perchè “è previsto un catasto dei sentieri, mai attivato, che li definirebbe opportunamente come beni di interesse pubblico”. Questa mancata attuazione “impedisce che i sentieri assumano lo status di intangibilità, cioè la costituzione di un vincolo di passaggio che dovrebbe essere rispettato da tutti, compresi i proprietari”, spiega Osti. “Noi non abbiamo un atteggiamento di contrapposizione”, assicura il presidente Cai. “Non intendiamo certo andare per le vie legali”, semmai “cerchiamo sempre delle soluzioni di compromesso e in tantissimi casi concordiamo delle modifiche ai sentieri e nuovi percorsi- riferisce Osti- proprio per tenere conto del fatto che tutti i diritti vanno contemperati, anche se per noi vuol dire un notevole aggravio di lavoro in termini operativi e di modifica delle cartografie”.

Altrove va meglio, assicura Osti: “Altre Regioni, come Lombardia e Toscana, hanno dato attuazione alla legge sulla sentieristica, creando una situazione molto più favorevole”. Nel frattempo, “apprezziamo che il Comune di Bologna abbia inserito nel Pug tutta la rete sentieristica definendola come bene di interesse pubblico”, aggiunge Osti: ora “confidiamo si dia attuazione pratica a questa definizione di principio molto importante”.

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