Report Assoterziario: imprese, in 6 anni +185mila società di capitali

Crollano ditte individuali e società di persone

Il numero di imprese è diminuito, mentre è aumentato il numero di imprese strutturate. Il settore terziario è indubbiamente uscito dalla crisi causata dalla pandemia, ma è anche in trasformazione.

Tra il 2017 e il 2023, il numero di società di capitali è aumentato di +185.000 unità, mentre è diminuito il numero di ditte individuali (-85.000) e società di persone (-84.000). È quanto emerge dal II Rapporto sul Terziario, a cura di Assoterziario Confesercenti.

Nel 2023 le imprese del Terziario sono circa 3 milioni e 90 mila, in leggero calo rispetto al 2022 (-9.000 imprese). L’agricoltura e le costruzioni rappresentano poco più del 14% ciascuna, mentre il settore manifatturiero rappresenta circa il 9% di tutte le imprese italiane.

Settore: il 42% delle imprese, quasi circa 1,3 mln di azende, è impegnato nel commercio, di cui circa 710.000 nel commercio al dettaglio. Il settore dei servizi di alloggio e ristorazione è il secondo settore per numero di imprese, con oltre 394.000 aziende, pari al 13% del totale.

Seguono il settore immobiliare (9%), le attività professionali, scientifiche e tecniche (7%), il noleggio, le agenzie di viaggio e i servizi di supporto alle imprese (6%), il trasporto e il magazzinaggio (5%), servizi di informazione e comunicazione, la finanza e le assicurazioni (entrambi al 2%) e le attività artistiche, sportive, di intrattenimento e ricreative (2%).

“Per il settore terziario, gli ultimi anni sono stati una corsa sulle montagne russe” – commenta il presidente Nico Gronchi -. Dopo la pandemia e la sua iniziale ripresa, il settore terziario non solo ha dovuto affrontare un accumulo di inflazione che non si vedeva da tempo, ma anche un forte contraccolpo da parte della Banca Centrale Europea, che ha imposto un calo di investimenti e di consumi. Le imprese hanno dovuto affrontare significativi aumenti dei tassi di interesse trovandosi a dover restituire rate in alcuni casi quintuplicate”.

“È uno scenario che mette in seria difficoltà le piccole e medie imprese del settore dei servizi – continua -. Particolarmente grave è la crisi delle PMI, che continuano a soffrire per il calo delle quote di mercato. Se questa tendenza continuerà, già dal 2030 il volume delle vendite intermedie delle piccole imprese si ridurrà in modo sostanziale, con conseguenze significative sulla loro redditività e sulla vivibilità delle città e delle aree urbane”.

“Si pone dunque la questione di interventi urgenti a sostegno dell’attività economica nelle aree urbane, ma anche questioni di concorrenza leale, di conformità normativa e di tassazione delle attività svolte online, spesso utilizzando una base giuridica di comodo” – ha proseguito.

“La web tax, appena entrata in vigore, sarà monitorata attentamente per i suoi effetti, ma dovrà essere efficace nel garantire condizioni di parità – conclude – . A causa del ritardo culturale, delle piccole dimensioni e dei mercati limitati, le PMI italiane non sono digitalizzate e prestano poca attenzione alle potenzialità della digitalizzazione nei processi di innovazione e sviluppo”.

Ciro Di Pietro

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