Papa: in tema di abusi silenzi e occultamenti sono inaccettabili

“Importante perseguire chi compie abusi, ancor più se nella Chiesa”

Milano, 18 nov. (askanews) – “Chi custodisce, chi custodisce il proprio cuore, sa che ‘nessun silenzio o occultamento può essere accettato in tema di abusi’, questa non è materia negoziabile, e sa anche che è importante ‘perseguire l’accertamento della verità e il ristabilimento della giustizia all’interno della comunità ecclesiale, anche in quei casi in cui determinati comportamenti non siano considerati reati per la legge dello Stato, ma lo sono per la normativa canonica’”. Lo ha detto questa mattina Papa Francesco nel corso dell’udienza ai partecipanti al I incontro nazionale dei Servizi e dei Centri di ascolto territoriali per la tutela dei minori e dei più vulnerabili promosso dalla Cei.

“Custodire vuol dire anche prevenire le occasioni di male, e questo è possibile soltanto attraverso una costante attività di formazione, volta a diffondere sensibilità e attenzione alla tutela dei più fragili” ha proseguito il Pontefice, spiegando che “l’ascolto delle vittime è il passo necessario per far crescere una cultura della prevenzione, che si concretizza nella formazione di tutta la comunità, nell’attuazione di procedure e buone prassi, nella vigilanza e in quella limpidezza dell’agire che costruisce e rinnova la fiducia”. “Solo l’ascolto del dolore delle persone che hanno sofferto questi terribili crimini apre alla solidarietà e spinge a fare tutto il possibile perché l’abuso non si ripeta” ha proseguito il Santo Padre, evidenziando che “questa è l’unica via per condividere realmente ciò che è accaduto nella vita di una vittima, così da sentirsi interpellati a un rinnovamento personale e comunitario. Siamo chiamati a una reazione morale, a promuovere e a testimoniare la vicinanza”.

“La ‘cura’ delle ferite è anche opera di giustizia. Proprio per questo è importante perseguire coloro che commettono tali crimini, ancor più se in contesti ecclesiali” ha continuato il Papa, concludendo che “loro stessi hanno il dovere morale di una profonda conversione personale, che conduca al riconoscimento della propria infedeltà vocazionale, alla ripresa della vita spirituale e all’umile richiesta di perdono alle vittime per le proprie azioni”.