Oggi e domani l’Alta Corte britannica decide sull’estradizione negli Usa di Julian Assange

La decisione può arrivare anche immediatamente dopo l’udienza

Milano, 20 feb. (askanews) – Negli Stati Uniti, Julian Assange, fondatore di WikiLeaks, rischia fino a 175 anni di prigione mentre l’estradizione da Londra è più vicina che mai: dopo le udienze di oggi e domani, due giudici dell’Alta Corte britannica decideranno, se Assange potrà presentare un altro appello alla corte per annullare la decisione di estradizione. Da parte dei suoi avvocati, un disperato tentativo: Assange ha chiesto di essere in tribunale, ma è previsto che compaia tramite collegamento video da Belmarsh.

I due magistrati decideranno se Assange potrà ricorrere in appello contro l’estradizione. La decisione può arrivare immediatamente dopo l’udienza o successivamente. Se i giudici respingono la richiesta, è possibile che Assange venga immediatamente inviato negli Stati Uniti. Ma se i giudici si schiereranno dalla parte di Assange, la sua carcerazione continuerà e la corte inizierà a considerare l’appello. Secondo i suoi sostenitori, Assange intende ricorrere alla Corte europea dei diritti dell’uomo.

Intanto gli Stati Uniti pretendono Assange sotto processo per una delle più grandi fughe di dati nella storia del Paese. Wikileaks, il sito di guidato da Assange, ha pubblicato centinaia di migliaia di documenti segreti statunitensi all’inizio dello scorso decennio. Hanno rivelato, tra le altre cose, la situazione della missione americana in Afghanistan.

I sostenitori di Assange dicono che se la corte rifiutasse, gli si aprirebbe la strada per essere trasportato in aereo negli Stati Uniti tra i timori per un suo peggioramento di salute. Sua moglie, Stella Assange, ha dichiarato: “La sua vita è a rischio ogni singolo giorno che trascorre in prigione. Se verrà estradato, morirà”.

Secondo il procedimento statunitense ripreso durante la presidenza di Donald Trump, Assange deve affrontare 17 accuse di spionaggio e un’accusa di uso improprio del computer per il suo presunto ruolo nell’ottenimento e nella divulgazione di materiale riservato.