Musica elettronica,la tecnologia aiuta le etichette indipendenti

Centrone (BigC Records): “Le nuove leve possono trovare un utile trampolino di lancio”

Roma, 27 apr. (askanews) – Gli artisti emergenti del panorama musicale difficilmente arrivano alle grandi etichette discografiche. Spesso i più intraprendenti, ambiziosi e volenterosi, per farsi notare ricorrono a delle autoproduzioni. Tuttavia la strada è complessa. “Solitamente è con i finanziamenti e i budget di un’etichetta discografica che un artista può raggiungere la fama globale ma esistono delle alternative” afferma Andrea Centrone, artista e fondatore di BigC Records, un’etichetta indipendente italiana.

“Oggi le grandi case discografiche controllano e influenzano la crescita dell’industria musicale, concentrandosi per ovvi motivi sul fatturato. Niente di sbagliato, per carità. Secondo la Recording Industry Association of America, il contributo dell’industria musicale al PIL degli Stati Uniti è stato di 170 miliardi di dollari, circa lo 0,75% del Pil totale. È innegabile che questa quota settoriale sia dovuta all’interazione delle etichette discografiche con altre aziende dell’economia, senza le quali la musica sarebbe solo un’attività artistica anziché un’entità economica. Non bisognerebbe tuttavia penalizzare gli artisti (e sono tanti) che non godono degli appoggi delle grandi etichette perché propongono dei generi musicali di nicchia, non facilmente orecchiabili. Fatta questa premessa, le nuove leve possono trovare nelle produzioni indipendenti un utile trampolino di lancio, un modo per agganciare le Majors e non solo”, spiega Centrone.

Come è cambiato il panorama della musica, in termini commerciali? “In passato gli imprenditori della musica si muovevano con una certa libertà, puntando sull’innovazione, anche azzardando. Basti pensare al trionfo dell’elettronica” sostiene Centrone, tra le cui tante produzioni annoveriamo, Synchronized; Tropical; Dorayaki; Come Back ed Electrosync la produzione di artisti del calibro di Just on George la cui ultima produzione, Frankie Dettori, è stata pubblicata sulla BigC Records.

“A partire dagli anni ’70 si iniziarono a utilizzare i primi sintetizzatori. Basta ascoltare ‘On The Run’ dei Pink Floyd, dove un sintetizzatore la fa da padrona. Negli anni ’80 ci fu il consolidamento delle tastiere e i sintetizzatori analogici. La svolta si ebbe negli anni ’90 quando quegli strumenti caddero nelle mani dei dj. Le majors, fiutando il business, decisero di aprire delle sublabel di musica elettronica. Il metodo compositivo tradizionale lasciò spazio a creatività e sperimentazione. Nacque la musica House, la Electro, la Techno e tanti generi che divennero colonne portanti di quel movimento. Nacque, per i dj, una nuova figura professionale: il dj producer che diventò la nuova star del 2000”.

Poi nel corso degli anni lo spirito pionieristico dei colossi della musica si è dovuto adattare alle esigenze di mercato. Ma questo non ha impedito la fioritura di nuovi talenti. Occorre percorrere anche sentieri alternativi, almeno nelle fasi iniziali. “Quanto ai dj producer, infatti, ci sono artisti seguiti da migliaia di fan ma c’è anche un movimento con tanti produttori indipendenti che seppur poco conosciuti, contribuiscono in maniera significativa a tutto il settore”, aggiunge il produttore di BigC Records.

Fortunatamente “con l’avvento della tecnologia, dei software di produzione e con gli emulatori di strumenti, la produzione è più semplice e fruibile. Tutti fattori che giocano a favore dei producers”. Anche le piattaforme di distribuzione aiutano i produttori indipendenti a proporre i loro lavori in maniera più snella. Centrone ne è assolutamente convinto “anche se la cosa più complicata non è la produzione, non è pubblicare e distribuire la propria musica, ma farla arrivare alla gente, utilizzando piattaforme di streaming poiché a decidere quale musica far ascoltare è spesso una cerchia di persone. Di conseguenza, come ho già accennato, il percorso consigliabile è l’autoproduzione. Si va dal creare un’etichetta a produrre e distribuire le proprie produzioni. Del resto molti artisti contemporanei sono nati su YouTube, per poi entrare nel mainstream. Grazie ai distributori musicali si può far arrivare la musica in tutti i digital store e i siti di streaming come YouTube, TikTok o Spotify. Si può produrre e distribuire musica per un pubblico più ampio, anche da un home studio. Questo mette l’artista in una posizione di successo, aiutandolo a sfruttare e negoziare un successivo accordo con le major”.

Insomma, si tratta di percorso complesso ma “bellissimo perché se qualcuno si accorgerà di noi vorrà dire che ce l’abbiamo fatta da soli. Sono felice di far parte della scena indipendente anche se è impegnativo” continua il produttore, per poi concludere con un appello “vorrei esortare tutti a seguire e sostenere il movimento indipendente. Chiedo di non fermarsi ad ascoltare solo la musica degli artisti più conosciuti, ma andare alla ricerca dei tantissimi artisti e produttori più ‘piccoli’, esplorando tutto il panorama della musica elettronica, così vasto e affascinante”.