Lo smart working ha svuotato gli uffici

È in corso una crisi immobiliare, centinaia di palazzi in vendita o in affitto

Lo smart working che da molti è considerato il solo lascito positivo della pandemia, soprattutto da chi ha ‘scoperto’ che lavorando da casa non solo si sta meglio ma si diventa più efficienti, ha anche generato un cambiamento significativo nella gestione degli spazi di lavoro.

Se prima le aziende erano alla ricerca di grandi sedi in posizioni centrali, ora cercano di liberarsene, generando così una flessione degli investimenti immobiliari pari al 74% in tutta Europa, come riportato dal Commercial Real Estate Services.

“Questa tendenza non è circoscritta all’Italia ma anche la Silicon Valley ha già sperimentato una fuga di dipendenti verso zone con affitti più accessibili – sottolinea Michela Benna, consigliera d’amministrazione della Cassa dei ragionieri e degli esperti contabili – mentre a New York il 50% degli uffici sono semideserti”.

Secondo uno studio del McKinsey Global Institute, lo smart working potrebbe cancellare 800 miliardi di dollari dal valore degli immobili.

“Una tendenza confermata anche dall’Osservatorio sullo Smart Working del Politecnico di Milano – prosegue Benna – che ha evidenziato come il 68% delle grandi aziende e il 45% delle pubbliche amministrazioni che hanno iniziato a ridefinire gli ambienti”.

Ma cosa fare con gli edifici che rimarranno vuoti?

Una soluzione potrebbe essere lo “smart office” proposto dall’approccio “ABW” di Erik Veldhoen che suggerisce di adattare gli uffici per massimizzare i momenti di contatto o seguire le indicazioni del National Bureau of Economic Research per il quale potrebbero essere convertiti in soluzioni abitative, contribuendo a alleviare la crisi abitativa e il caro affitti.