I 100 anni di Bauli: il pandoro, nonno Ruggero e la svolta dei croissant

Presidente Michele: Oggi ci siamo tutti i giorni, a Natale siamo più forti
Milano, 27 ott. (askanews) – “Quando vedo qualcuno per strada col pandoro Bauli mi viene voglia di abbracciarlo”. Michele Bauli si lascia andare all’emozione quando parla dell’azienda che 100 anni fa suo nonno Ruggero fondava a Verona e che oggi lui presiede. In questo secolo di storia, Bauli è diventata molto più del pandoro che l’ha resa celebre, ma questo dolce della tradizione veronese conserva ancora un posto speciale nella credenza di famiglia. Perchè è da lì che tutto è partito: “Mio nonno Ruggero era la genialità di una persona che sapeva fare – lo ha ricordato il nipote Michele festeggiando nella Biblioteca Capitolare della città scaligera questo traguardo che è diventato anche un docufilm, un volume celebrativo e un francobollo – era uno dei più bravi pasticceri di Verona: ai suoi tempi c’era la coda davanti alla sua pasticceria per comprare il pandoro, oggi è il contrario: siamo noi che ci mettiamo in coda per venderlo”. Il merito di quel fondatore, sopravvissuto al naufragio nel 1927 del piroscafo “Principessa Mafalda” mentre andava a cercare fortuna in Argentina, è quello di essere “riuscito a mandare in produzione il pandoro ogni 20 minuti nonostante ci vogliano 40 ore per prepararlo”. Tra l’azienda da 541 milioni di fatturato di oggi e quella pasticceria nata in via della Scala a Verona nel 1922 c’è un percorso tracciato da tre generazioni e costellato da nuovi prodotti, acquisizioni di marchi iconici, da Doria, a Motta, Alemagna fino a Bistefani, mercati lontani come l’India, che ora assicura una crescita del 30% l’anno, nuovi segmenti in cui osare. Tutte scelte che hanno permesso a Bauli di non essere più un marchio legato esclusivamente alla ricorrenza del Natale. Il mantra per questa azienda con 1.700 dipendenti è “diversificare per ridurre il rischio e assicurarci la crescita”. E si spiegano così anche le più recenti acquisizioni di Alpipan (all’80%), azienda lucchese specializzata in pani gluten free, del produttore slovacco di barrette proteiche Maxsport (sempre all’80%), o della piemontese Dacasto per la produzione dei panettoni personalizzati: “Oggi fatturiamo più fuori da Natale e Pasqua che non dalle ricorrenze – ha confermato il presidente – Prima dicevamo che Bauli era come un circo che compariva a Natale e Pasqua e poi scompariva. Oggi c’è tutti i giorni, poi a Natale è anche più forte”. L’idea di destagionalizzare l’attività in realtà non è di questi giorni ma è partita della seconda generazione dei Bauli: “I tre fratelli, mio papà insieme ai miei zii, Alberto e Carlo, cercavano un prodotto che andasse bene tutto l’anno – ha raccontato il presidente – e mio zio Alberto pensò ai croissant”. L’intuizione, arrivata negli anni 90, segna l’ingresso di Bauli nel mercato dei prodotti da forno per uso quotidiano e l’inizio della diversificazione. Ma nella Bauli di oggi cosa resta della pasticceria aperta 100 anni fa? “La cosa che ci hanno lasciato – dice il presidente – è l’attenzione spasmodica per la qualità del prodotto: ogni tanto in consiglio di amministrazione anziché parlare di finanza ci mettiamo a parlare del colore della codetta di zucchero. E poi c’è l’impegno: i tre fratelli hanno sempre lavorato 10 ore al giorno e questa cosa è rimasta, mio nonno non lavorava solo il pomeriggio di Natale e di Capodanno”. Anche il lievito madre è ancora quello con cui Ruggero preparava il suo pandoro, rinfrescato costantemente nello stabilimento di Castel D’Azzano per la produzione di tutti i lievitati che escono di lì, pandoro e panettone inclusi. Le ricette invece per ragioni industriali sono state standardizzate: “Mio nonno non aveva una ricetta definita del pandoro perchè ogni volta cercava di aggiungere un po’ più di burro”, mentre ora ingredienti e processi sono tutti rigidamente definiti. In realtà, oltre alla madre del lievito, quello che da allora non è cambiato è anche l’assenza di conservanti nel pandoro: “La lunga fermentazione crea un po’ di alcol che previene la nascita delle muffe, per questo non ci sono conservanti e non lo sa nessuno” assicura il presidente il quale confessa di preferire al pandoro il panettone che poi è anche “il prodotto più richiesto all’estero, anche se il pandoro alla fine piace di più ma è meno conosciuto”. L’innovazione frutto di intuizioni felici anche nel mondo della comunicazione – come ci ricordano le celebri pubblicità natalizie – prosegue ancora oggi e i “minuti” Bauli, dolce da asporto fresco di pasticceria dello stesso impasto del pandoro farcito con crema, ne sono una prova. Anche se negli ultimi anni le difficoltà non sono mancate: “La pandemia è stata complicatissima. Una volta usciti dalla pandemia il mondo è ripartito e questo ha fatto balzare i costi poi è arrivata la guerra e i rincari dell’energia: oggi le aziende fanno fatica, stanno lavorando sull’inflazione che ahimè verrà trasferita ai consumatori perchè i costi sono ingestibili ma passerà, ne abbiamo passate di peggio”. E fra altri cento anni dove sarà Bauli? “Non so dove saremo – ammette Michele Bauli – ma questa passione ci può aiutare a crescere, a essere ancora l’azienda del pandoro di Verona ma anche tante altre cose”.