Guccini torna a intortarci con un disco: Io sempre dalla parte dei perdenti

Il cantautore: non so cosa sia lo streaming e non so più scrivere canzoni

Milano, 17 nov. (askanews) – C’era l’aria dell’attesa alla Bocciofila Martesana a Milano. Un’attesa durata dieci anni, dall’ultimo album che non a caso si chiamava L’ultima Thule (era il novembre del 2012). Ora però il maestro di Pavana, Francesco Guccini interrompe il suo lungo silenzio musicale e torna con un album, Canzoni da Intorto in uscita venerdì 18 novembre 2022 per Bmg solo in formato fisico. Questa prima novità è lo stesso Guccini a spiegarla (in parte) con spiazzante candore: “Ignoro cosa sia uno streaming” dice subito ammettendo di non amare troppo neanche le presentazioni: “Io ho sempre rifiutato le presentazioni, sono un po’ all’antica, e lo streaming – ribadisce – non so cosa sia”.

Ma tant’è. Oggi la presentazione di questa “folle operazione”, questo album di canzoni che appartengono alla sua memoria c’è stata. La verità, racconta, è che “volevo fare un disco di cover molti anni fa ma il mio manager di allora non lo voleva”. In quel momento avrebbe attinto al repertorio di autori come Dalla o Vecchioni mentre ora questi 11 brani sono un viaggio indietro nel tempo, “alle sue serate bolognesi, alle canzoni che ho cantato con gli amici, per i famigliari. Sono brani che nessuno quasi conosce, con dietro delle storie, per questo possono colpire e ‘intortare'”.

In questa sorta di biografia musicale, si alternano la storica ballata popolare Morti di Reggio Rmilia a canzoni in milanese come El me gatt, Ma Mi, Sei minuti all’alba fino al canto epico-lirico Barun Litrun, all’inglese Green Sleeves; e ancora l’anarchica Addio a Lugano. “Sono canzoni che non so quando le ho imparate, non le ho studiate ma le riproducevo cantandole io stesso” ha raccontato, riconoscendo loro un certo valore politico: con questi brani “dico il mio punto di vista, qual è la mia parte politica anche se non lo faccio in maniera violenta e sbandierata”. E la sua parte ammette è quella dei perdenti: “In seconda media abbiamo studiato l’Iliade: c’era la classe che si è divisa in due, chi per i greci e chi per i troiani. Era un piccolo gruppo quello che tifava per i troiani, per i perdenti, io ho tifato per i troiani e tifo ancora per i troiani. Queste se ci pensate sono tutte canzoni dei perdenti. E parlando della congerie politica che c’e adesso io tifo ancora per i perdenti”. E senza sottrarsi alle etichette, aggiunge: “Io non sono un comunista, non lo sono mai stato; sono anarchico, anche se è un’idea un po’ romantica nel 2022”.

E in un certo senso la promessa fatta a se stesso dieci anni fa di non scrivere più canzoni l’ha mantenuta anche questa volta, con un disco in cui dà voce a un repertorio di brani che appartengono alla cultura popolare. “Non sono più capace di scrivere canzoni – ribadisce a più riprese – Dopo ‘L’ultima Thule’ non ero più capace e ho deciso di smettere perchè non volevo arrampicarmi sugli specchi. Da allora non ho più toccato la chitarra ed è inutile che mi sforzi, non sono più capace”.

Ma quel titolo, così evocativo, come nasce? “Intorto è una voce gergale, vuol dire imbonire, circuire una ragazza. L’intorto però nasce, se vogliamo spaccare il capello in quattro, perchè erano canzoni che nessuno conosceva: supponiamo che ci fosse una ragazza che ti dice chiede canzone è Barun Litrun e tu inizi a spiegare: questo è l’intorto, fai vedere che sei un fighetto, non vendi puttanate – ma le intenzioni non sono mai state quelle dell’intorto”.

L’arrangiatore di questo album da studio è Fabio Ilacqua, che ne ha seguito anche la produzione artistica affiancato da Stefano Giungato. Più di trenta gli strumenti che accompagnano la voce di Guccini che ritorna su sonorità inedite, totalmente diverse dai dischi precedenti e che interpreta in una ghost track, anche una canzone ucraina Sluga Naroda: “Non mi è stato facile cantare in ucraino lingua che non possiedo completamente”, ha ammesso con la sua sorniona ironia.

“Canzoni da intorto è un concept album che bisogna ascoltare per intero. Farlo uscire in questa modalità era l’unica scelta possibile per valorizzare e distinguere la sua natura” ha raccontato Dino Stewart, managing director di Bmg che tornando alla scelta di farlo uscire solo con supporto fisico ha detto: “Dietro questa scelta ci sono motivazioni artistiche e commerciali. E’ innegabile però che c’è un pubblico che allo streaming non è particolarmente interessato. E poi Guccini, come altri artisti, è un’altra cosa rispetto a quei numeri: mi sarebbe dispiaciuto se qualche leone da tastiera lo avesse paragonato all’ultimo artista di cui non sappiamo il nome”.