Dentro gli abissi, tra oscurità e famiglia: il teatro di Djokovic

Alla Biennale prima mondiale di “En Abyme”, regia di Iacozzilli

Venezia, 30 giu. (askanews) – Gli abissi sono tanti, a volte lontanissimi, a volte dentro di noi. Si sa. Vederli messi in scena, vedergli prendere una forma teatrale però è interessante, smuove, turba, terrorizza, poi magari anche rinfranca. Alla Biennale Teatro di Venezia, le Tese dei Soppalchi all’Arsenale hanno visto la prima mondiale di “En Abyme”, scritto da Tolja Djokovic e diretto da Fabiana Iacozzilli, che sempre qui lo scorso anno era stato presentato come “msie en lecture”. Ora torna come spettacolo vero e proprio, sostenuto da una drammaturgia forte, a volte totalizzante, ma anche da scelte sceniche e scenografiche che affiancano agli attori video di diverso tipo, oltre ad ambienti teatrali, senza però che la parola perda il suo controllo, anche nei momenti in cui non è pronunciata. Forse qui c’è la forza più sotterranea dello spettacolo.

Lo spunto per il racconto portato in scena da cinque attori – Simone Batraco, Oscar De Summa, Francesca Farcomeni, Evelina Rosselli e Aurora Occhiuzzi – è la discesa nell’abisso della Fossa delle Marianne fatto in solitaria dal regista James Cameron, che si è spinto in un luogo così profondo che nessun altro essere umano aveva mai visto. Ma accanto alla storia di questo reale sprofondare nelle acque nere dell’oceano, c’è il parallelo racconto di una bambina/donna, che prima conosciamo da adulta in una piscina – in passaggi che usano il cinema e arrivano a una densità poetica dura e toccante – per poi ritrovare giovanissima, ma già alle prese con la ricerca o l’assenza del padre, di questa figura che un po’ domina tutta la storia, così come i pensieri di altri drammaturghi under 40 visti in questa Biennale. Forse il punto generazionale, il legame alla base delle diverse scritture, è proprio il confronto con le figure dei genitori, magari solo con l’idea, con i bisogni e i dolori, le solitudini e i desideri che ruotano intorno alla più viscerale e complessa delle relazioni.

Il batiscafo di Cameron scende sempre più verso il fondo, la donna nuota, poi a un certo punto si immerge, “scompare” dice la voce narrante, per riapparire poi a bordo piscina e piangere e raccontare una storia devastante, di corpi e solitudine. E poi nuotare ancora, come in un racconto di John Cheever, sullo sfondo della vita. Quella vita che la bambina osserva, mentre guarda il film “Titanic”, proprio di Cameron, nella costante attesa del padre, che quando appare si perde – le scene filmate sono decisive, danno una possibilità di pensare ancora meglio allo spazio teatrale, quella del gioco delle tre carte è realmente drammatica – per poi tornare e fermarsi, disperato su una sedia. La bambina, a quel punto, lo può abbracciare, così come si era presa cura anche della donna, lei stessa da adulta, pensiamo in sala, poco prima. “En Abyme” è chiaramente un gioco di specchi che, come dice il testo del catalogo della Biennale Teatro 2023, lavora su “una struttura a effetto Droste”, ossia il rimportare all’interno di una immagine la stessa immagine più piccola, che a sua volta contiene ancora se stessa, potenzialmente all’infinito. E potenzialmente infinita è la discesa abissale, sia quella fisica sia quella psicologica, ma lo spettacolo la gestisce, la convoglia nella parola poetica (nel senso di letteraria, teatrale, come più vi piace), che si rivela più potente e soprattutto più capiente. Così tanto da saper gestire la materia incandescente di cui tratta, così resistente da somigliare a quel pesce che, nonostante la terribile pressione, riesce a vivere nella Fossa delle Marianne fino a 8mila metri di profondità. In pratica sulla cima di un Everest rovesciato in mare.

E come quel pesce anche i personaggi dello spettacolo di Djokovic e Iacozzilli riescono in qualche modo a sopravvivere ai propri abissi, e mentre Cameron, rannicchiato in posizione fetale all’interno del suo batiscafo, vede per la prima volta il fondo più fondo della terra e scopre che c’è vita, nello stesso modo e, verrebbe da dire, nello stesso momento, il padre prende in braccio la bambina e, con lei stretta al collo, si allontana.