Censis-Confcooperative: costo disastri naturali a 210 mld in 40 anni

Oggi a rischio 1 PMI su 4, in zone vulnerabili più esposte a fallimento

“Il conto che catastrofi naturali e cambiamenti climatici hanno portato al nostro Paese è di 210 miliardi di euro”. Lo ha dichiarato Maurizio Gardini, Presidente di Confcooperative, commentando i dati emersi dal Focus Censis Confcooperative “Disastri e climate change conto salato per l’Italia” che ha preso in esame i disastri naturali degli ultimi 40 anni.

“Di questi 210 miliardi, ben 111 sono dovuti agli impatti dei cambiamenti climatici. Ecco perché la conservazione del territorio non è un costo, ma un investimento nel sistema territorio”- ha aggiunto Gardini.

“Se parliamo degli ultimi anni, solo dal 2017 al 2022, sono 42,8 miliardi, e nel 2022 è costato quasi l’1% del PIL, lo 0,9% per l’esattezza circa 17 mld di euro”.

Eventi che condizionano le imprese: “Ben una PMI su quattro – ha aggiunto Gardini – ha sede in un comune a rischio di frane o inondazioni, il che mette a rischio la sua sopravvivenza e le fa avere il 4,8% di probabilità in più di fallire in caso di evento avverso rispetto alle altre imprese”.

Allo stesso modo, queste imprese realizzano una performance economica inferiore del 4,2% e una dimensione aziendale inferiore in termini di addetti rispetto alle imprese situate in aree non esposte a rischi di frane e alluvioni.

“L’agricoltura è il settore economico più colpito dai cambiamenti climatici”, aggiunge Maurizio Gardini: “Nel 2022, l’economia agricola ha registrato un calo della produzione dell’1,5%, con perdite poco meno di 900 mln di euro”.

La maggior parte delle colture è stata gravemente danneggiata: la produzione di legumi (-17,5%), olio d’oliva (-14,6%), cereali (-13,2%). In flessione anche la produzione di ortaggi (-3,2%), le piante industriali (-1,4%) e il vino (-0,8%). Il settore zootecnico ha registrato un calo della produzione dello 0,6%.

Ciro Di Pietro

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