Cafiero: “Lo smart working può discriminare le donne, investire sulla famiglia”

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ROMA – “Lo smart working è un volano di crescita e sviluppo del Paese ma può anche creare discriminazione verso le donne, lo abbiamo visto in questo periodo di pandemia quando si sono dovute occupare di una doppia incombenza: la cura familiare e gli affari lavorativi. È un vulnus a cui dobbiamo rimediare perché almeno il 58% delle imprese continuerà a tenere lo smart working come forma ordinaria di lavoro”. Così Ciro Cafiero, avvocato giuslavorista e consulente del Ministero Pari opportunità e Famiglia, nella videointervista all’agenzia Dire.

Per aiutare le donne sarà importante finanziare anche le politiche della famiglia: “La ministra Bonetti ha apportato una grande innovazione con l’assegno unico e sono allo studio proposte di legge per sgravare la famiglia dai costi per i fragili, i bambini e gli anziani. Forse dovremo inquadrare meglio lo smart working- suggerisce il giuslavorista- o lo inquadriamo come subordinazione attenuata in cui tutti possono decidere come gestire affari di lavoro e famiglia; oppure dovremo insistere sulla sostenibilità familiare affinché entri nei board delle aziende e tutti si convincano dell’importanza della famiglia come valore, soprattutto di fronte al fenomeno del calo delle nascite”.

Quanto allo sblocco dei licenziamenti, per Cafiero “non porterà grossi rischi. Le imprese tendenzialmente hanno interesse a trattenere i lavoratori capaci. Lo sblocco preoccupa ma lo Stato finora ha attutito l’effetto con gli ammortizzatori sociali. Per evitare rischi bisogna investire sulle nuove competenze, dall’informatica al green. Noi stessi diventeremo giuristi ambientali. Se le imprese si organizzano non vedo grossi rischi ma opportunità, bisogna puntare sulla formazione”, conclude l’avvocato.

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