Biennale Teatro, la cenere e le conseguenze dell’amore di Fortin

Una “mise en lecture” in tre quadri: sobria, ma dirompente

Venezia, 5 lug. (askanews) – Un racconto per voci che si sommano, si intersecano, sviscerano dolori privati e universali, scavano nella famiglia e nel disperato tentativo di darsi amore. “Cenere” è lo spettacolo che Stefano Fortin, vicentino classe 1989, ha portato alla Biennale Teatro, risultando tra i vincitori del College per la drammaturgia under 40 per il biennio 2022-2023. Un’esperienza molto intensa, pur nella sobrietà della “mise en lecture”, che prende spunto anche dalla vicenda del vulcano islandese che nel 2010 paralizzò l’Europa, non con la potenza esplosiva della propria eruzione, ma con la cenere, con le conseguenze, potremmo dire, dell’evento in sé.

“Certi avvenimenti o anche certi sentimenti – ha detto Stefano Fortin ad askanews – invece che essere più forti nel momento magari in cui li si prova, pesano di più per la loro durata nel tempo, per le loro conseguenze sul lungo termine, come la rabbia, cioè la rabbia istantanea passa, mentre se la rabbia è un continuum e quindi soffoca, diventa un sentimento che ha una presa nella vita molto più forte”.

Ecco, questa dimensione di durata, evocata del drammaturgo, è quella che pervade lo spettacolo, articolato in tre momenti e in tre storie che però lo spettatore può considerare collegate, e questo amplifica ulteriormente il senso di soffocamento, di perdita, di bisogno di trovare qualcosa a cui aggrapparsi, che non sia solo cenere. E se il primo quadro riguarda un figlio che dice no alla colazione, il secondo coinvolge dei poliziotti chiamati a informare due genitori della morte del figlio, mentre il terzo dà voce proprio alla vittima. In un crescendo dirompente che mostra il potere cruciale della parola.

“Sono tre quadri distinti – ha aggiunto Fortin – in cui ci sono diversi rapporti rispetto a questa presa di parola. Nel primo magari c’è il rifiuto di prendere la parola, nel secondo l’essere costretti a farlo in un determinato momento e nel terzo invece quando si sceglie di parlare e di dire tutto, come è il titolo della terza parte. E unito a questo aspetto più tematico, se vogliamo legato ai quadri, c’è anche la parte legata alle note. Le note e quindi la voce dell’autore, la mia voce, che entra direttamente in tempi di sospensione diciamo sulla scena commentando portando il pubblico o chiamandolo direttamente in causa, in altri luoghi”.

A chiamare in causa noi, alla fine, è proprio l’idea stessa di teatro. Quel palcoscenico che amplifica plasticamente la misura della realtà, per come l’avevamo conosciuta fino ad allora. (L.M.)