BCE, ABI: preoccupazione da rischi fallimenti aziendali

Il potenziale impatto sugli NPL richiede ulteriori determinazioni

La continua ricerca da parte della Banca Centrale Europea (BCE) di una stretta monetaria, “la vedremo nei prossimi mesi ed è importante il recente report del Centro Studi di Confindustria: Evidenzia che i default delle aziende si sviluppano non tanto immediatamente quando vengono alzati i tassi, ma dopo qualche mese, quindi sono molto preoccupato”.

Lo dichiara il Presidente dell’Associazione Bancaria Italiana (ABI) Antonio Patuelli in un’intervista al Corriere della Sera dopo che la Banca Centrale Europea ha deciso di alzare nuovamente i tassi.

“I fallimenti aziendali porteranno a un deterioramento dei crediti bancari, una crescita di Non Performing Loans (NPL) che abbiamo visto già nei due mesi passati. Gli utili dovrebbero quindi essere ulteriormente destinati alle riserve di capitale”.

Ora “occorre monitorare la liquidità attesa degli Istituti di Credito e la loro capacità di sostenere il capitale” continua. “I titoli bancari sono in ribasso in tutta Europa, come sempre quando i tassi di interesse vengono aumentati”.

“Mi aspetto anche delle ulteriori minusvalenze sui portafogli titoli che le banche devono detenere a garanzia della liquidità. E questo risultato comporterà un indebolimento dei coefficienti patrimoniali, e quindi, vista l’imminente entrata in vigore di Basilea III plus, la necessità di mettere in sicurezza gli utili per rafforzarli”.

Con più mutui, “e’una catena di causa ed effetto. La causa è l’inflazione, il risultato è la politica monetaria della Banca Centrale, che si traduce in un collo di bottiglia di liquidità e in un aumento dei tassi di interesse variabili in Italia – (il 63% dei mutui sono a tasso fisso)”.

Secondo il presidente ABI “i mercati della liquidità che per un decennio sono stati economici e abbondanti si stanno restringendo. La stretta monetaria restringe la liquidità e ora gli indici sono importanti, come quelli patrimoniali che nel decennio scorso hanno evidenziato le crisi bancarie italiane”.

“Più credito si eroga, più si ha bisogno di liquidità; la BCE l’ha ridotta e ora le banche aumentano la concorrenza tra loro per reperirla: il bacino però è stretto e si intravede il credit crunch”.

“La stretta monetaria della Banca Centrale mira precisamente a restringere la liquidità e tenere sotto controllo l’inflazione, anche riducendo il credito. Ma la sola politica monetaria non è sufficiente per combattere l’inflazione. Sul caro prezzi incidono anche altre politiche, come quella della limitazione del debito pubblico, uno dei problemi cronici dell’Italia”.

“Il problema è che il passato ventennio di tassi bassissimi, che l’euro ha garantito anche all’Italia, invece che essere usato per bloccare la crescita del debito pubblico abbattendo i costi degli interessi, è stato invece dissipato aumentando ogni anno in cifra assoluta il debito pubblico. Gli interessi su questo debito – conclude – sono pagati in termini assoluti piuttosto che in percentuale rispetto al PIL”.

Giovanni Lombardi Stronati