lunedì, Settembre 16, 2024

Rawand Arqawi: “Il mio teatro a Jenin per resistere”

MondoRawand Arqawi: “Il mio teatro a Jenin per resistere”

ROMA – “A Jenin l’esercito israeliano spara contro chiunque, anche su anziani e bambini. Siamo tutti un obiettivo militare. Per dieci giorni la gente a Jenin, Tubas e Tulkarem ha pensato solo a sopravvivere. Ora che i militari se ne stanno andando, ognuno deve pensare a ricostruire la propria vita ripartendo da zero, perché è stata distrutta qualsiasi cosa. Anche i bambini devono darsi da fare”. Rawand Arqawi è una producer che ha esperienze con Al Jazeera Children e il Freedom Theatre di Jenin creato dal regista, attore e attivista israelo-palestinese Juliano Mer-Khamis.

Nel 2014, qualche anno dopo l’assassinio di Mer-Khamis, Arqawi fonda il Fragments Theatre, un teatro e centro culturale pensato per dare a bambini e giovani “uno spazio culturale in cui esprimersi”. “Qui c’è molto poco per loro” sottolinea. L’agenzia Dire contatta Arqawi mentre sulla stampa palestinese circolano notizie del ritiro, intorno alle due del mattino, dei soldati israeliani dal nord della Cisgiordania occupata dove il 28 agosto è stata lanciata l’operazione militare più vasta dal 2002. Il bilancio dei morti secondo le autorità locali è di almeno 39 persone. L’esercito fa però sapere che l’operazione continuerà. Nel frattempo, riferisce di aver ucciso 14 combattenti, tra cui il referente di Hamas a Jenin, di aver arrestato “una trentina di sospettati” e sequestrato 30 ordigni.

“A Jenin la situazione è grave già dal 2021”, riferisce la produttrice. “Ogni giorno l’esercito compie qualche aggressione, a volte di mattina, altre di sera. Spesso restano uccise delle persone. Dal 7 ottobre però, sono arrivati elicotteri e camionette militari, e ci sono state tante stragi. I soldati sparano in modo improvviso e casuale contro i civili, anche mentre i bambini vanno a scuola o la gente va al lavoro. Eppure sono civili, non combattenti”.

Negli ultimi dieci giorni, continua la fondatrice di Fragments Theatre, “l’esercito ha intensificato le sue operazioni distruggendo sistematicamente tutto: ogni strada, impianto elettrico e idrico è stato demolito, così come molte case. Intere famiglie sono state evacuate e le loro case distrutte. Tra loro tanti sono stati arrestati. Si contano oltre 50 negozi devastati, insieme a moschee, scuole e poi abbiamo registrato l’assedio dell’ospedale“. Un fatto, questo, denunciato anche da Medici senza frontiere.

Jenin ospita un campo profughi risalente ai primi anni Cinquanta, creato dalle famiglie palestinesi sfollate per effetto della proclamazione dello Stato ebraico nel 1948. Storicamente è quindi anche sede di gruppi armati di resistenza. Israele ha quindi avviato un’operazione per eradicare gruppi “collegati all’Iran”, come hanno spiegato funzionari di Tel Aviv. “Ha attaccato tante case e arrestato giovani non necessariamente collegate ai combattenti” dice Arqawi, che aggiunge: “È sufficiente che sussista un sospetto”.

“LA VITA QUOTIDIANA SI È PARALIZZATA. UN 83ENNE È STATO SPARATO NOVE VOLTE”

Come evidenzia l’attivista, tra Jenin, Tubas e Tulkarem “dopo giorni di attacchi, la vita quotidiana si è paralizzata. La gente non poteva più stare in casa: bisognava cercare cibo, e c’è chi ha iniziato a uscire. I soldati non hanno risparmiato nessuno: so di una ragazza di 16 anni a Kafr Dan”, nella periferia di Jenin, “a cui hanno sparato mentre si affacciava alla finestra, uccidendola, e di due ragazzini colpiti a morte in strada. A un vecchio di 83 anni hanno sparato nove volte“.

I racconti di Arqawi trovano conferma tra diverse fonti: la Bbc racconta della morte della sedicenne Lujain Musleh citando Defence for Children Palestine (Dcip), secondo cui la teenager sarebbe stata colpita da un cecchino israeliano. La divisione palestinese dell’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani (Ohchr) su X riferisce dell’uccisione di due ragazzini di 12 e 17 anni, oltre che di quella di Musleh. Nello stesso post l’organismo Onu denuncia il ritrovamento del corpo senza vita, con segni di percosse, di un uomo che era stato arrestato. Tawfiq Ahmed Younis Qandeel è invece l’identità dell’83enne, della cui morte hanno riferito gli operatori della Mezzaluna rossa palestinese. Anche l’Ohchr, in una nota del 31 agosto, ne parla citando la famiglia, secondo cui l’anziano era uscito per fare la spesa e sarebbe stato colpito da un cecchino. I familiari affermano che per due ore le forze israeliane gli avrebbero impedito di raggiungerlo. L’agenzia Onu conclude condannando “l’uso illegale della forza” e facendo appello al governo di Israele di porre fine all’operazione.

“Persino mio zio- accusa ancora Rawand Arqawi- è stato colpito mentre distribuiva del pane. Ha 60 anni. I militari lo hanno lasciato sanguinante in strada, impedendo l’accesso all’ambulanza. Nessuno si avvicinava a lui per paura di essere colpito. Si è salvato grazie a un ragazzo che è riuscito a portarlo via”. Msf in una nota conferma tale denuncia: “A Jenin e Tulkarem- scrive l’ong- ambulanze e operatori sanitari sono stati ripetutamente attaccati, compromettendo seriamente le attività mediche“. Una paramedica volontaria di Msf racconta: “Anche se indossavo il camice sono stata colpita da proiettili sparati dall’alto e sono stata ferita sopra l’occhio e ho riportato ferite da schegge mentre prestavo primo soccorso a un paziente in un campo di Tulkarem”.

La vita però deve proseguire: “Fragments Theatre organizza laboratori di teatro e spettacoli. Ultimamente invitiamo i presenti a salire sul palco per condividere la propria storia”. Ma il lavoro più importante riguarda i bambini: “Hanno bisogno di supporto psicologico. Vedono soldati, la casa distrutta, gli attacchi. Se è dura per noi adulti, per loro lo è ancora di più. Teniamo quindi attività ludico-ricreative che portiamo anche in otto scuole della regione. E poi col mio tema cerchiamo sempre di promuovere qualcosa di nuovo, tra arti visive o prodotti multimediali come i podcast. L’arte è una forma di resistenza”.

Dall’aggressione di Hamas del 7 ottobre, che ha causato 1200 morti in Israele, circa 700 palestinesi sono stati uccisi nella Cisgiordania occupata e Gerusalemme Est. Le violenze si erano già intensificate nel corso del 2023, che si è concluso con oltre 500 vittime, una cifra record dal 2005, secondo l’Ufficio Onu per il coordinamento degli aiuti umanitari (Ocha).

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