mercoledì, Settembre 25, 2024

In Madagascar dove l’acqua non c’è o costa come l’oro. Ecco l’idea di Ssc per rifornire i villaggi

MondoIn Madagascar dove l’acqua non c’è o costa come l’oro. Ecco l’idea di Ssc per rifornire i villaggi

ROMA – “Nei villaggi remoti dove non piove da anni è una caccia all’acqua: la lotta per la sopravvivenza quotidiana non lascia spazio per altro. Avere acqua da bere è così raro che è anche il principale desiderio dei bambini”. Arianna Martini è fondatrice e presidente di Support and Sustain Children (Ssc), organizzazione della società civile italiana che lavora in Madagascar da poco più di un anno.
L’obiettivo: portare acqua al maggior numero di persone possibile: “Le regioni del sud– dice la presidente- sono piegate dall’assenza di piogge, una situazione peggiorata dai cambiamenti climatici. Contro quelli noi non possiamo fare nulla, mentre per l’acqua sì”. Senza acqua infatti si muore, e non solo di sete, ma anche di fame, dato che sia i raccolti che i capi di bestiame periscono.

L’organizzazione Ssc ha quindi iniziato a inviare un’autocisterna una volta alla settimana per rifornire quattro villaggi nei pressi della città di Toliara, i più remoti e in affanno, a cui a volte se ne aggiunge un quinto, che è particolarmente lontano da raggiungere. L’acqua, di cui beneficiano circa 2mila persone, serve alle attività domestiche essenziali e a irrigare piccoli orti domestici per l’autosussistenza delle famiglie. “Senza- chiarisce Martini- la gente è costretta anche a percorrere a piedi 30 chilometri per comprarla. L’acqua qui si vende”. Ci sono dei mercati più vicini, ma a volte si è costretti ad andare fino a Toliara che dista, appunto, 30 chilometri. Nei mercati, tra i prodotti esposti, si trovano infatti anche bottiglie e taniche d’acqua. Quelle da 5 litri costano l’equivalente di circa di 10 euro: una cifra enorme.

Questa grande isola situata nell’Oceano indiano è uno tra i paesi più poveri dell’Africa. Stime della Banca Mondiale riferiscono che quasi l’80% della popolazione vive sotto la soglia di povertà, mentre secondo l’Onu al sud l’insicurezza alimentare colpisce il 33% dei residenti. Martini continua: “Ci sono giovani che si organizzano con la bicicletta per comprare le taniche e rivenderle nei villaggi. Fanno avanti e indietro più volte al giorno”. Ma ci sono anche famiglie che si arrangiano, ad esempio, producendo il carbone, un procedimento che “richiede 3 giorni per ottenerne 5/6 chili da rivendere a 5 euro circa”. La metà del costo di una tanica.

Anche i bambini aiutano: spaccano le pietre per ricavarne ghiaia da vendere in città alle imprese edilizie, anche in questo caso tanta fatica per pochi soldi. E così, avverte la fondatrice di Ssc, “lo stato d’emergenza è perenne e non c’è spazio per altro”. Niente infrastrutture idriche ma neanche per gas e luce: “i pochi che hanno il cellulare- dice Martini- lo ricaricano al mercato. Si paga, si attacca alla presa e si aspetta”. Niente scuole o centri medici.

Da qui, Martini ha iniziato a sognare: “Se riuscissimo a portare acqua si potrebbero avviare delle coltivazioni sostenibili, partendo dalle colture autoctone, per aumentare il reddito delle famiglie. Questo innescherebbe sviluppo nei villaggi”. La presidente non si è limitata a immaginare: l’organizzazione ha già effettuato studi di fattibilità e individuato un’area in cui l’acqua c’è, ma “è a 300 metri di profondità. Ora la sfida è trovare una ditta locale che possegga una trivella che scavi fin laggiù”. In attesa degli scavi per il pozzo, Martini lavora a costruire partnership con le autorità malgasce e organizzazioni locali: “Una volta aumentata la produzione agricola e di carne, bisognerà aiutare le famiglie a trovare mercati in cui vendere. Le partnership saranno allora essenziali”.

Una volta dato al villaggio la possibilità di autosostentarsi in modo “sostenibile, replicabile e soprattutto autonomo”, si può pensare allo sviluppo: “Costruiremo scuole. È la prima cosa che i capivillaggio ci hanno chiesto. Ma ora sarebbe inutile: i bambini non vanno a scuola se hanno la pancia vuota”.
L’ultimo passo sarà affidare la gestione del pozzo ai leader locali. Questo non rischia, chiediamo, di creare conflitti? “Da quando lavoriamo in Madagascar non abbiamo mai visto scontri” risponde la residente. “Anzi: quando portiamo forniture d’acqua in un villaggio ci chiedono subito di rifornire anche quelli vicini perché, ci dicono, ‘anche laggiù ne hanno bisogno’. Le persone qui ancora conoscono il valore della collaborazione e della solidarietà e non è un fatto scontato”.
Perciò Martini è fiduciosa che, dall’intervento di Ssc, l’armonia sociale ne uscirà solo che rafforzata. D’altronde “se chiedi a un bambino cosa vuole, ti risponde ‘l’acqua’. È un bene così prezioso e raro che si risparmia fino all’ultima goccia. Io temo che in Occidente abbiamo dimenticato quanto soffra ancora una parte di Africa, dove si muore di sete, fame, malattia legate alle scarse condizioni igieniche o per l’Aids”.

L’articolo In Madagascar dove l’acqua non c’è o costa come l’oro. Ecco l’idea di Ssc per rifornire i villaggi proviene da Agenzia Dire.

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo https://www.dire.it

Potrebbe interessarti

Check out other tags:

Articoli Popolari