lunedì, Settembre 23, 2024

Ddl Sicurezza, la petizione per fermarlo raggiunge 60mila firme

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ROMA – Ha superato le 60mila firme la petizione lanciata su Action Network per fermare il cosiddetto “Ddl Sicurezza” (‘Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario’) ossia il Decreto 1660 che dopo aver ottenuto l’approvazione alla Camera, attende il voto al Senato. La normativa ha aperto un ampio dibattito tra gli organismi della società civile, molti dei quali preoccupati per alcune nuove disposizioni e e alcune nuove fattispecie di reato introdotte, che vanno da misure penali contro chi protesta contro le grandi opere pubbliche (come ad esempio la tratta ferroviara ad alta velocità Torino-Lione ‘Tav’, o il Ponte sullo Stretto di Messina), o realizza iniziative di resistenza e protesta “passiva” (norma definita “Anti-Ghandi”), se realizzata nelle carceri o nei centri per il rimpatrio (Cpr) per migranti. Diventa poi da illecito amministrativo un illecito penale il fatto di bloccare coi propri corpi autostrade o ferrovie, come fatto ad esempio dagli attivisti per l’ambiente per chiedere azioni urgenti contro il cambiamento climatico. Le pene invece saranno ancora più severe per chi, in questi luoghi, adotta forme di resistenza attiva.
Divisiva anche la norma che vieta alle persone migranti senza documenti di acquistare una scheda sim per il telefonino, o quella che abolisce la pena differita per le detenute madri.

Contattato dall’agenzia Dire, il portavoce di Amnesty International Italia avverte: “Questo decreto intacca pesantemente il diritto di protesta”. Noury spiega: “Nella prefazione al nostro rapporto 2023-2024 sulla Situazione dei diritti umani nel mondo, abbiamo evidenziato come il centro di ricerca di scienze politiche V-Dem abbia rilevato che il numero di persone che vivono in contesti democratici (definiti in senso ampio come paesi che prevedono uno stato di diritto, vincoli all’esecutivo da parte del potere legislativo e giudiziario e rispetto delle libertà civili) è regredito ai livelli del 1985, vale a dire ai livelli precedenti alla caduta del Muro di Berlino”.

“Nel 2024”, prosegue Noury di Amnesty, “possiamo dire che ne abbiamo avute ulteriori prove, tra cui il cosiddetto Ddl sicurezza italiano, un modello di ‘cattivismo’ che intacca profondamente, tra gli altri, il diritto di protesta pacifica inasprendo criminalizzazioni o introducendone di nuove. Le narrazioni pubbliche di sottofondo, basate sulla stigmatizzazione di individui e gruppi che rivendicano diritti, servono a rendere ‘accettabile’ questo processo di criminalizzazione“. Nella sezione dedicata all’Italia, nel rapporto pubblicato da Infinito Edizioni, Amnesty denuncia tra le altre cose episodi di tortura e maltrattamenti da parte di agenti carcerari e di polizia, restrizioni al diritto di riunione pacifica per gli attivisti del clima ed uso di violenza eccessiva da parte della polizia contro i manifestanti.

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