Vino, Sartor (Ruffino): entro 2025 investiremo 8 mln in sostenibilità

Gruppo ha presentato in Borsa a Milano il Bilancio sociale 2022

Milano, 30 nov. (askanews) – “Nell’ambito della sostenibilità investiremo entro il 2025 otto milioni di euro, che rappresentano un terzo dei nostri investimenti in capital investment: una fetta molto importante”. Lo ha annunciato Sandro Sartor, presidente e amministratore delegato del Gruppo vitivinicolo Ruffino: quattro società, 290 lavoratori (di cui 83 stagionali), oltre 570 ettari di vigneto sui 1.200 ettari totali tra Toscana e Veneto, e un valore prodotto nel 2022 di 123,2 milioni di euro. Oggi, alla Borsa di Milano, il Gruppo ha presentato il Bilancio sociale 2022, da cui risulta che gli investimenti fatti fin ad oggi per la sostenibilità sono stati 855mila euro nel 2019, 790mila nel 2020, 860mila nel 2021 e 2.508.600 quest’anno. Una strategia anticipata nel 2018 dal marchio “Ruffino Cares”.

Nello sforzo “di equilibrare gli obiettivi finanziari con quelli ambientali e sociali”, Ruffino evidenzia, tra gli altri, la parità di genere tra i membri del Cda, la totalità delle nove tenute (sei in Toscana e tre in Veneto) certificate “Biodiversity Friend”, il 53% dei vigneti già a biologico con l’obbiettivo del 100% nella vendemmia 2024, l’uso di energia elettrica da fonti rinnovabili al 100% in Ruffino Srl e il 65% in Tenute Ruffino, la presenza di due depuratori e tre impianti di fitodepurazione delle acque reflue, il costante calo dei rifiuti prodotti (nel 2022 -13% sull’anno precedente) e i 700mila euro investiti in pianti di irragazione di precisione. Per quanto riguarda i fornitori, dieci di loro (il 73% del totale) sono stati coinvolti nel percorso per una filiera delle uve sostenibili e il 63% della spesa di approvvigionamento viene da fornitori locali.

“Siamo orgogliosi del percorso che stiamo facendo, il bilancio dà evidenza e trasparenza a dei piccoli passi, i piccoli traguardi che abbiamo raggiunto ma soprattutto le nostre ambizioni sul tema della sostenibilità (non soltanto ambientale) di medio e lungo termine, con gli obbiettivi intermedi” ha spiegato ad askanews Sartor, sottolineando che “questo è un documento un po’ anomalo perché guarda più al futuro che al passato come normalmente fanno i bilanci”. Gli obiettivi prevedono un taglio delle emissioni di gas serra del 15% entro il 2025, del 50% nel 2030, per raggiungere la neutralità carbonica nel 2050 come chiesto dalla Comunità europea. Per quanto riguarda invece la riduazione del consumo di acqua per unità di prodotto, il Gruppo punta ad ottenere nel 2025 un +25% di acque riciclate e una catena di fornitura completamente biologica e sostenibile.

“In certi mercati esiste una grande sensibilità ed è il consumatore che pretende che le aziende siano responsabili, in altri addirittura ti viene imposto altrimenti non riesci ad operare, ma ci sono anche tanti altri mercati dove ancora ti chiedono ‘perché lo fate, cosa serve?'” ha ricordato, chiosando “credo che nell’arco di 5-10 anni quello della sostenibilità sarà un tema dirimente per il consumatore, che ti dirà anche che se hai iniziato a muoverti in quella direzione solo quando è diventato conveniente da un punto di vista commerciale, non sei un’azienda credibile”.

Per Sartor è necessario che la sostenibilità “sia certificata, perché la certificazione è un’arma fondamentale per dare sostanza e anche metodo di lavoro all’azienda in un percorso così complesso e ambizioso”. Il manager, che è anche vicepresidente di Unione italiana vini (Uiv), ha quindi spiegato che “come azienda, nella Uiv abbiamo portato avanti il discorso della certificazione nazionale con il ministero dell’Agricoltura, in modo che quando un’impresa si dice sostenibile ci sia qualcuno che controlli che il protocollo comune sia stato rispettato”. “Adesso ci siamo quasi, abbiamo fatto un grande lavoro e ci sono degli standard fatti bene, faremo di tutto perché venga approvata, auspico entro il 2023” ha proseguito Sartor, evidenziando che “come Uiv cercheremo di spingere, perché una certificazione con il sigillo del ministero dell’Agricoltura darebbe un grande impulso a quelle aziende che oggi potrebbero certificarsi ma ancora non ne vedono un vantaggio”. “Quando l’Europa ha saputo che eravamo così avanti con questa certificazione – ha continuato – ha detto ‘noi ci fermiamo, fatela voi e poi valutiamo se adottarla’, quindi abbiamo la possibilità di far adottare un nostro standard invece di prenderne noi un altro, però dobbiamo sbrigarci prima che magari lo facciano gli spagnoli e i tedeschi”.

In un dialogo con Marco Frey, ordinario di Economia della Sant’Anna di Pisa, che ha tenuto una relazione su “Sostenibilità e responsabilità d’impresa nella filiera del vino”, Sartor ha ribadito più volte che non può esserci “sostenibilità se non c’è anche la sostenibilità economica”.

Per quanto riguarda il tema del rapporto tra vino e salute, l’ad di Ruffino è stato chiaro. “C’é il consumo e c’è l’abuso, per il primo noi abbiamo una grande responsabilità a cui non vogliamo venire meno e cerchiamo di educare il consumatore a bere in modo moderato e responsabile” ha spiegato, aggiungendo che “il secondo è invece un aspetto patologico che va affrontato dai medici e gestito da professionisti: mischiare e confondere queste due cose, significa accanirsi contro il consumo e non risolvere il tema dell’abuso”.

Rispondendo infine ai giornalisti che gli chiedevano del fenomeno del vino “low e zero alcol” (ciò a bassa gradazione o addirittura analcolico) Sartor ha spiegato “credo sia una domanda legittima del consumatore e penso ci sia un bello spazio per il mondo del vino per rispondere a questa domanda facendo dei prodotti anche di qualità”. “Se oggi la domanda in Italia è relativamente bassa è perché quasi nessuno ha assaggiato questi prodotti, mentre negli Usa è un segmento che invece è già partito molto bene” ha continuato, sottolineando che “quindi ci crediamo assolutamente ma questo non significa che dovremo fare il Chianti Classico o il Barolo ‘low alcol’ perché quelli sono vini che hanno una loro identità e una loro storia”. “A chi dice che il low alcol va intaccare quella storia e la dignità del vino, io chiedo allora cosa c’è di dignitoso in un vino venduto a 1 euro a bottiglia? Nulla” ha proseguito, concludendo “il low alcol, anche dal punto di vista economico, può essere un’opportunità”.