Ucraina, Amnesty: “Media non mostrino prigionieri di guerra, è un abuso”

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ROMA – “I giornali dovrebbero evitare di rendersi complici di gravi violazioni del diritto internazionale umanitario. Ciò accade quando grandi testate rilanciano sui loro portali web i video che mostrano i militari russi fatti prigionieri. Ciò mette in pericolo non solo loro, ma anche le famiglie”. Il monito giunge da Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International.

Con l’agenzia Dire il responsabile commenta il gran numero di video e immagini che dal 24 febbraio scorso mostrano soldati russi catturati dalle forze ucraine. Oltre a mostrarne il volto e a volte condividerne nome e cognome, vengono ripresi mentre dichiarano di non essere stati adeguatamente informati sulla natura dell’intervento militare nel Paese, oppure le loro reazioni incredule davanti alle immagini delle città devastate dal conflitto. Alcuni di loro sono stati mostrati anche mentre parlavano nel corso di conferenze stampa in Ucraina.

Noury avverte: “Esibire prigionieri di guerra ai giornalisti o diffondere video che non sappiamo se siano stati autorizzati dalle autorità ucraine è una palese violazione dell’articolo 13 della III Convenzione di Ginevra, che sancisce la protezione dalla curiosità dei prigioni. Una norma che è stata concepita ben prima l’avvento dei social”.

Il portavoce continua: “E’ comprensibile che questo tipo di contenuti attiri la curiosità dei lettori. Il tratto distintivo di questa guerra è proprio la sua pressoché completa esposizione sui social. Non dimentichiamo però che quando lo facciamo, riveliamo l’identità del prigioniero generando dolore nelle famiglie, che potrebbero anche subire rappresaglie”.

Inoltre, prosegue Noury, “nel momento in cui rendiamo pubblici commenti come ‘siamo stati ingannati’, ‘Putin ci ha traditi’, ‘abbiamo sbagliato’, o peggio, si rende noto che il soldato dà informazioni sulle operazioni del proprio esercito, lo stiamo condannando al rischio di non poter fare ritorno in patria. In questo modo ci rendiamo complici delle violazioni del diritto internazionale sul trattamento dei prigionieri”. Non si tratta dello stesso livello di violazioni, ma “pensiamo a quante polemiche sollevarono le immagini delle torture sui prigionieri di Guantanamo o Abu Ghreib”, nell’ambito della ‘guerra al terrore’ lanciata dagli Stati Uniti nei primi anni Duemila.

Secondo Noury, è indiscutibile il diritto dei media di dare informazioni su un conflitto bellico, tuttavia “il principio della libertà di stampa non è più assoluto quando si scontra con uno di diritto internazionale”. Il portavoce conclude: “Anche perché diffondere tali video non ha nessun valore informativo: è propaganda”.
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