Superbonus, De Lise (commercialisti): le banche non orientino le scelte dei clienti

 

Parla il numero uno dell’Unione nazionale dei giovani professionisti  

“In tema di Superbonus, arrivano numerose segnalazioni dai colleghi che ci obbligano a una presa di posizione presso l’Abi (Associazione Bancari Italiani), la Banca d’Italia e le Autorità competenti Agcm (Autorità Garante della Concorrenza del Mercato) e la Consob (Commissione nazionale per le società e la Borsa). Troppo spesso, infatti, si verificano situazioni in cui alcuni istituti di credito, a seguito della sottoscrizione di Convenzioni con società di revisione, agiscano e insistano – per non dire ‘obblighino’ – affinché il visto di conformità previsto dal comma 11 dell’art. 119 del Decreto Rilancio (detrazioni fiscali per il Superbonus) sia rilasciato esclusivamente dalle stesse società”.

Lo afferma Matteo De Lise, presidente dell’Unione nazionale giovani dottori commercialisti.

“Questa scelta ‘consigliata’ sarebbe una condizione necessaria al prosieguo della pratica di acquisizione del credito da parte dell’istituto oppure, in casi meno gravi, farebbe proseguire la pratica con tempistiche notevolmente ridotte.

Al contrario, se il visto di conformità fosse rilasciato da un professionista, la pratica non sarebbe presa in carico oppure lavorata con tempistiche lunghe sino ai 5 mesi. Tale comportamento è censurabile poiché viola principi fondamentali sui quali è basata la nostra professione e il libero mercato”.

“La libertà di scelta del cliente – spiega De Lise – viene così calpestata. Il cliente è infatti costretto ad annullare il rapporto di fiducia che è intrinseco nel mandato professionale, essendo obbligato ad accettare un nominativo imposto senza averlo visto né conosciuto. In seconda battuta, viene lesa la concorrenza di mercato: imponendo una scelta, si ottiene come risultato l’esclusione di tutti i colleghi che non appartengono a determinate strutture”.

“Inoltre, il comportamento degli istituti bancari sarebbe da censurare per una evidente violazione della libertà di scelta della clientela che, con queste modalità, non potrebbe avvalersi dei propri consulenti di fiducia per la gestione delle proprie pratiche e per la tutela dei propri interessi.

Al di là delle convenzioni, è il cliente che sceglie i suoi professionisti di fiducia (ingegnere, architetto, commercialista, avvocato) nonché l’impresa per eseguire i lavori relativi. Alle banche – conclude il numero uno dei giovani commercialisti italiani – non chiediamo altro che fare le banche”.