Smart working, a Milano 8 aziende su 10 scelgono il lavoro agile

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MILANO – Oltre otto aziende milanesi su 10 nel primo trimestre 2022 hanno almeno un dipendente in smart working, per un numero di collaboratori coinvolti pari al 22% del totale. La percentuale risulta più elevata tra le imprese dei servizi, 91%, a fronte del 79% rilevato nell’industria, e nel comune di Milano, 90%, rispetto al 78% rilevato nell’hinterland. Rilevante l’attenzione alla sicurezza informatica: in ben 4 aziende su 10 gli investimenti fisici sono concentrati su strumenti di protezione, una su tre ha introdotto un sistema di valutazione basato sul raggiungimento di obiettivi. Sono questi i principali risultati della rilevazione del centro studi di Assolombarda che ha coinvolto più di 250 imprese milanesi del manifatturiero e dei servizi avanzati. Lo studio completo è pubblicato sul magazine Your Next Milano.

SMART WORKING IN CRESCITA

A due anni dall’inizio della pandemia la diffusione del lavoro da remoto in forma strutturale o per esigenze legate all’emergenza è infatti molto superiore al passato. Basti pensare che nel 2019 solo 3 imprese su 10 ricorrevano al lavoro agile e la percentuale di lavoratori in smart working era del 15%. Il 63% delle imprese milanesi che hanno risposto al sondaggio, prevede di attivare lo smart working in maniera strutturale nel futuro, una percentuale in linea con il 65% di aziende che, nell’autunno 2020, prevedeva l’utilizzo del lavoro da remoto anche nel post-pandemia. In una azienda ogni 3 è stato introdotto un sistema di valutazione basato sul raggiungimento di obiettivi, ma solo l’1% ha adottato parametri specifici di produttività per chi lavora a distanza.

I RISCHI

Oltre alle opportunità Assolombarda ha indagato anche i rischi connessi allo smart working. Avendo concesso una sola possibilità di scelta, quasi la metà delle aziende che ha collaborato all’iniziativa ha guardato alla ricaduta positiva per i propri collaboratori (conciliazione vita-lavoro 31%, fidelizzazione e attrattività aziendale 17%), mentre il fattore economico è quello principale per meno di un quarto delle aziende (orientamento al risultato 13%, miglioramento delle performance 6%, ottimizzazione dei costi per l’utilizzo degli spazi 4%), mentre il rimanente 28% non ha fornito indicazioni. Dal lato del principale rischio, il più citato è l’impatto sull’interazione delle persone, sommando la minor comunicazione (29%) e il minor contributo all’innovazione (15%).

Nelle aziende che hanno introdotto strutturalmente il lavoro da remoto, la compatibilità delle mansioni è quasi sempre la condizione di accesso prioritaria allo smart working (96%), seguita dall’adeguatezza della connessione (62% delle aziende). Meno rilevante è l’appartenenza ad aree aziendali predeterminate (42%), segno di una crescente consapevolezza che la possibilità di lavoro da remoto è legata al lavoro specifico più che alla collocazione funzionale. Infine, un azienda su 4 vincola la possibilità di smart working alla frequenza di un corso di formazione mirato.

IL LAVORO DA REMOTO

Al momento lo smart working d’emergenza è prorogato fino al 31 agosto 2022. Tra le imprese di Assolombarda nell’area di Milano, Monza Brianza, Lodi e Pavia che hanno introdotto lo smart working in modo strutturale la quota di smart worker raggiunge il 27%, con punte del 43% nei servizi rispetto al 17% dell’industria: una percentuale di lavoratori superiore non solo al 15% pre-Covid, ma anche al 22% dei primi mesi del 2022 (che in parte include ancora la modalità di emergenza).

“Lo smart working negli ultimi due anni è un modello organizzativo che ha visto una forte accelerazione ed è oggi entrato a far parte della cultura aziendale diffusa- ha dichiarato Diego Andreis, vicepresidente di Assolombarda con delega a Politiche del lavoro, Sicurezza e Welfare-. Nel 2021 Confindustria, insieme alle organizzazioni sindacali, ha sottoscritto il Protocollo nazionale sul lavoro in modalità agile, con lo scopo di fissare le linee di indirizzo per la contrattazione collettiva nazionale, aziendale e/o territoriale. L’intento, quindi, è stato quello di promuovere lo smart working offrendo alle imprese un quadro di riferimento a riprova del fatto che il bilanciamento vita-lavoro è da sempre uno dei valori al centro delle nostre pratiche quotidiane”.

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