Scuola, Bianchi: “No a lezioni fino al 30 giugno, ma recuperi individuali”

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ROMA – “Gli studenti hanno perso in socialità, quindi bisognerà fare dei percorsi di orientamento e sostegno della singola persona. Ma non significa stare seduti tutti al banco fino al 30 giugno. Si tratta di fare percorsi individuali. C’è tutto il tempo di verificare quali sono i contenuti che i nostri ragazzi hanno perduto. Abbiamo già lanciato le prove invalsi, che sono andate benissimo. Solo ieri sono state fatte 17mila valutazioni. Abbiamo il polso della situazione generale, ma la valutazione spetta agli insegnanti, che sono già al lavoro su questo”, ha dichiarato il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, intervenuto questa mattina in diretta a Radio1.

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“Possiamo prendere tutte le misure all’interno degli istituti, ma la scuola mette in movimento tutta la città, tutta la comunità. E gestire il sistema urbano nel suo insieme è difficilissimo. Tuttavia, noi abbiamo detto molto chiaramente che la scuola si chiude solo quando la situazione è davvero pericolosa”, ha spiegato il ministro dell’Istruzione. Bianchi ha precisato poi che la chiusura delle scuole “non è discrezionale, c’è un parametro chiaro e stabilito. E non è un dato tirato sul tavolo ma un limite suggerito dal Comitato Tecnico Scientifico. È un dato di riferimento che tutela anche i presidenti di Regione. Ma non deve passare l’idea che paga la scuola, perché la chiusura avviene quando ci sono già misure restrittive”.

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“Quando si tornerà in presenza sarà importante fare tesoro delle esperienze che ci sono state in questi mesi. Non ci sarà più la Didattica a distanza, ma bisognerà allargare le nostre capacità e non avere paura degli strumenti. Si tornerà a scuola ragionando su quello che è avvenuto, per avere una scuola e un mondo del lavoro più avanzati”. Il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, in diretta su Radio 1 è tornato sul tema della didattica a distanza, precisando che non verrà utilizzata anche dopo la pandemia, come riportava oggi il quotidiano ‘La Stampa’, ma che “non bisogna fare guerre di religione e usare tutti gli strumenti verso una nuova visione dell’educazione”.

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