Ristoratori infuriati a Parma: “La riapertura? Un contentino”

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PARMA – In piazza Garibaldi a Parma sono spuntati stamattina dei fantasmi. Non sono quelli dei signori del ducato che governavano la città ma, volteggiando intorno a tavole apparecchiate vuote, rappresentano la voce di protesta di centinaia di imprenditori emiliano-romagnoli di bar, ristoranti e di di tutta la filiera Horeca (hotellerie, restaurant e catering). A chiamarli a raccolta nella capitale emiliana del food è stata oggi la Federazione degli esercenti pubblici e turistici (Fiepet) della Confesercenti regionale, nell’ambito del “tour itinerante” di manifestazioni avviato in questi mesi dall’associazione. Nel pieno rispetto delle norme anti-Covid erano presenti oltre 150 gestori, alcuni dei quali si sono alternati sul palco con i loro rappresentanti di categoria.

Nell’ultimo anno e mezzo, tra aperture a singhiozzo e ristori insufficienti (che compensano tra il 4 e il 5% delle perdite, queste superiori alla metà di un fatturato pre Covid), le attività del mondo della ristorazione sono state le più colpite dalle restrizioni per la pandemia. Ma ora non accettano più di essere considerate “invisibili” (appunto come i fantasmi) dal Governo. E vedono nelle condizioni poste nella bozza del nuovo decreto per la riapertura (dal prossimo lunedì), l’ennesimo colpo difficile da sostenere. Che anzi, secondo Confesercenti, costringerà circa metà delle imprese della regione a restare comunque chiuse. A creare scontento nelle aziende è soprattutto la previsione di poter lavorare fino a luglio solo all’aperto, cosa che non tutti potranno fare perché non dispongono di spazi esterni. E anche a chi può permetterselo non andrà meglio, visto che le “distese” valgono, in media, appena il 20% della capienza complessiva dei locali e il loro utilizzo è in ogni caso subordinato al meteo. Anche il coprifuoco alle 22 (che dovrebbe essere applicato fino a luglio) viene visto come un’ingiusta penalizzazione.

Confesercenti rinnova infine la richiesta di pacchetti mirati fiscali e “sanitari” di sostegno alle imprese, che comprendono tra l’altro indennizzi per la perdita del fatturato per tutto il periodo dello stato d’emergenza, moratoria sui mutui almeno fino a tutto il 2021, il credito d’imposta per la riduzione dei canoni d’affitto per tutto il 2021 e l’esenzione della Tari fino alla fine di quest’anno. E ancora: liquidità per le imprese a tasso zero garantito dallo Stato e sgravi fiscali, burocratici e sul costo del lavoro per i prossimi tre anni. Misure che si chiede di varare insieme ad un canale “prioritario e gratuito” per la vaccinazione degli addetti a cui fornire gratis anche i test rapidi.

“Tutto il nostro settore- dice il presidente della Fiepet-Confesercenti Massimo Zucchini- è stato dimenticato: siamo stati davvero dei fantasmi. La richiesta forte, continua, costante, è di poter tornare a lavorare come tutti gli altri e vogliamo sperare che la riapertura di lunedì sia solo un primo passo verso questa direzione”. Finora, continua Zucchini, “siamo stati chiusi durante il lockdown e con tutti i colori rossi e arancione della regione. Poi finalmente quando arrivava il giallo potevamo stare aperti fino alle 18, con l’idea che il virus finisse a quell’ora. Abbiamo lavorato poco, per molti anzi ha voluto dire non lavorare affatto, mentre attorno a noi c’è stato un mondo che il Covid l’ha subito molto meno, come ad esempio gli autogrill”.

Insomma, “c’è stato fin dall’inizio un comportamento verso i pubblici esercizi come se fossimo i colpevoli di quello che succedeva anche se nella nostra regione siamo stati i primi e i migliori a fare un protocollo di sicurezza, poi ripreso a livello nazionale”. Oggi, prosegue Zucchini, “ci chiediamo il perché di questa apertura ‘a tempo’. Siamo ben felici di aprire lunedì, io aprirò il mio locale che ha 250 posti a sedere. Con il vecchio protocollo ne avevo messi insieme 120 e a questo punto potrò lavorare con ben 18 posti, 9 tavoli all’esterno”.

Zucchini è un fiume in piena: “Non capiamo nemmeno la ragione alla base del coprifuoco, visto che all’esterno non ci sono problemi di Covid”. In conclusione “questo non è un riaprire è dare un contentino”, chiude Zucchini. A queste condizioni il presidente della Fiepet di Ferrara confessa che sta pensando di lasciar perdere. “Dovevo aprire l’attività quest’estate, ma non so se la apro perché, se devo stare col coprifuoco fino a luglio, non metto su una struttura per lavorare un mese. Sto pensando di disdire”.

È invece molto arrabbiato il gestore di una storica osteria di Parma: “Il mio locale è in tutto 100 metri all’interno. Non ho la possibilità di mettere tavoli fuori perché sono in centro storico e sono convinto che dovrei avere uno spazio esterno almeno pari all’interno” spiega. “In tempi pre Covid avevo 45 posti all’interno, se non ne metto fuori altrettanti, io non vivo”.

Per Danilo Marchiani, ristoratore di Ravenna, “La gente si è stancata di mangiare nel cartone. E noi, nonostante tutte quello che abbiamo speso per adeguarci alle normative siamo ancora chiusi. A giugno forse ci fanno riaprire solo per darci un contentino, ma poi alla fine non è cambiato nulla”. E i rimborsi? “Ho avuto 11.000 euro, ne pago 8000 di stipendio e 3.000 di affitto al mese, faccia lei”. Come osserva Gianfranco Zinani, presidente della Fiepet a Modena “Il 60% dei locali in Italia non ha un dehor. Del 40% che ne rimane almeno il 15% non ha le risorse economiche per farli: siamo sempre in ristrutturazione. Cosa che non lavorando diventa difficile”. Ma il punto vero “sarà proteggere il futuro di queste aziende quando ripartiranno davvero: avremo bisogno di sostegni, di posticipare e diluire i mutui. È lì che bisogna intervenire e chiederemo sempre un aiuto e un supporto per almeno due anni”.

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