Orlando: “Nella transizione ecologica manca il tema dei salari, si rischiano reazioni sociali”

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ROMA – Nell’analisi della transizione ecologica e delle misure per un suo ordinato svolgimento “manca la questione salariale: siamo un paese che ha i salari bloccati da 30 anni e se non c’è una ripresa almeno nei settori che soffrono meno la crisi della dinamica salariale avremo una reazione sociale a qualunque cambiamento molto pericolosa”. Il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Andrea Orlando, lo dice intervenendo alla presentazione del Rapporto nazionale sull’economia circolare in Italia 2022 del CEN (Circular Economy Network).

“La trasformazione è anche trasformazione del capitale umano”, dice Orlando, “ma abbiamo per la prima volta 5 miliardi tra sistema duale e politiche attive da investire in 3 anni. Naturalmente bisognerà porsi il tema della qualità della formazione” ma “manca la strumentazione che consenta di evitare reazioni sociali che facciano saldare il blocco del fossile con la paura di settori del mondo dell’impresa che rischiano di essere marginalizzati”. In tutto ciò “rischiamo di avere una serie reazioni pericolose dal punto di vista degli obiettivi della transizione, ma rischiano di essere pericolose anche dal punto di vista dei processi democratici”, rileva il ministro.

“Credo che il tema di come si garantisce la coesione sociale nella transizione e i cambiamenti sia cruiciale”, ribadisce il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Andrea Orlando, e “scontiamo il fatto che il tema della transizione è poco presente nella concertazione e nel dialogo sociale, se non in termini di cerotti”.

Infatti “parliamo di transizione solo quando produce elementi di frattura sociale e non oggetto di strategia comune tra le parti sociali”, ad esempio nella crisi del settore automotive, che però “si sa da anni sarebbe avvenuta”. Quindi, esorta il ministro, “mettere al centro il tema credo sia la prima risposta. Poi c’è un tema più strutturale, e dovremmo interrogarci sul successo di alcuni modelli come quelli nordeuropei o quello tedesco di codeterminazione all’interno dell’impresa”, aggiunge Orlando, perché “il cambiamento interno all’impresa se non vede una parte attiva dei lavoratori e il pieno coinvolgimento del capitale umano nelle scelte fondamentali, rischia di vedere sempre falli di reazione”. 

“Sarebbe molto importante riflettere sulla governance delle imprese chiamate a svolgere il percorso della transizione ecologica”, e “potremmo partire a livello sperimentale dalle imprese a partecipazione pubblica. Perché non coinvolgere lavoratori in grandi corporation che sono chiamate a svolgere ruolo importante nell’ambito della transizione? Non sto parlando del modello dio autogestione jugoslava ma del modello che sta seguendo la Germania da molti anni”, prosegue Orlando.

Una partecipazione dei lavoratori a i processi decisionali nella transizione ecologica “consente una serie di aggiustamenti dentro i processi di trasformazione e non dopo i processi di trasformazione”, dice Orlando, “altrimenti il rischio è sempre di inseguire attraverso politiche sociali processi che si determinano in ambito economici, ma purtroppo le risorse non sono spesso sufficienti e si rischia sempre di arrivare tardi, perché quando si saldano diverse forme di resistenza al cambiamento e il danno è già avvenuto”.

Di solito, riassume il ministro, “si definiscono obiettivi a livello economico, se ne valuta la sostenibilità, poi c’è il punto di vista ambientale, ed è già una conquista, poi se ci sono le risorse se ne affrontano le conseguenze sociali”, ma “le tre cose vanno tenute insieme”. 

Nell’accettabilità sociale della transizione ecologica, con tutti i rischi e le complicazioni che si incontrano “c’è anche un problema di narrazione: certo, se si dice alla società italiana che la transizione sarà un bagno di sangue credo che non si suscitino le reazioni e le energie più positive che si possono realizzare”, prosegue Orlando. “Lo dico non perché credo che si debba dire che siccome sarà sarà un bagno di sangue si dovrà rallentare”, dice Orlando, “ma che visto che si tratta di una scansione di fattori e tempi che non potremo evitare dobbiamo aumentare gli strumenti per consentire di mantenere il ritmo”. 

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