Migranti, l’ong: “In Bosnia campi indegni, vergogna Ue”

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di Brando Ricci

ROMA – “I respingimenti e gli abusi al confine croato non dovrebbero creare imbarazzo solo nel governo di Zagabria ma in quelli di tutti gli Stati membri dell’Unione Europea e nelle sue istituzioni. Del resto anche questi sono parte di quella politica di esternalizzazione dei confini che abbiamo già visto negli accordi con la Turchia, ma anche nelle migliaia di euro spesi per finanziare campi indegni in Serbia e Bosnia ed Erzegovina”. A parlare è l’attivista Maddalena Avon, triestina, animatrice in Croazia del programma ‘Intergrazione e asilo’ dell’organizzazione croata Centro studi per la pace (Centar za mirovne studije, Cms, in croato). Fondata nel 1994, si occupa ormai da 15 anni dei diritti di migranti e rifugiati. L’intervista con l’agenzia Dire si svolge a pochi giorni da una visita al confine tra Croazia e Bosnia ed Erzegovina di quattro eurodeputati italiani del gruppo Alleanza progressista dei socialisti e dei democratici (Sed).

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I parlamentari si sono recati sul posto con l’intenzione di verificare le molteplici accuse di abusi e respingimenti illegali che ong e migranti hanno rivolto negli ultimi mesi alla polizia di frontiera croata, uno dei punti centrali della cosiddetta “rotta balcanica”. Percorsa con regolarità fin dal 2015 da migliaia di migranti, provenienti soprattutto da Medio Oriente, Pakistan e Afghanistan, è tornata a richiamare l’attenzione dei media europei dopo che il 23 dicembre un incendio ha devastato il campo di Lipa, in Bosnia ed Erzegovina, lasciando centinaia di migranti al gelo e senza un riparo. Avon dice che la posizione del governo di Zagabria è di “negare che avvengano i respingimenti di migranti”, affermando invece di “prevenire la migrazione illegale, nell’ambito dello Schengen Borders Code”, che disciplina l’attraversamento delle frontiere esterne dell’Unione Europea.

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Il Centro però, riferisce l’attivista, “ha raccolto negli anni testimonianze che mettono in evidenza comportamenti di questo tipo: negli ultimi cinque anni, il Czm ha pubblicato insieme ad altre organizzazioni cinque report sul tema dei respingimenti, mentre negli ultimi tre ha depositato nove denunce per abusi e torture ai danni dei migranti contro la polizia e contro ignoti, di cui due attualmente in esame alla Corte europea dei diritti umani”. Avon sottolinea però che il problema non deve essere percepito come una questione solo croata. “Il governo italiano è stato recentemente condannato dal Tribunale di Roma per le riammissioni in Slovenia” ricorda l’attivista, secondo cui una grande porzione di responsabilità è anche dell’Unione Europea. “Lo scorso novembre l’Ufficio del difensore civico europeo, su sollecitazione di report nostri e di altre ong, ha iniziato a indagare la Commissione europea per i finanziamenti ricevuti dalla Croazia nell’ambito del controllo dei confini”. Nel Paese opera dal 2018 anche l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex). Secondo Avon, Frontex “ha dichiarato di essere qui per assistere nel controllo dei confini e di aver contribuito a questa funzione donando un elicottero per il controllo aereo”. Secondo Avon, l’Agenzia europea “mostra di avere grandi problemi di trasparenza” e stando ai resoconti dei migranti raccolti dal Centro, “sarebbe stata direttamente coinvolta in almeno due casi di respingimento verificatisi alla frontiera croata”. Dubbi e ombre che hanno spinto il Parlamento europeo ad aprire un gruppo di lavoro sul funzionamento dell’Agenzia, anche grazie, ricorda Avon, “alle pressioni fatte da noi e da tutte lo organizzazioni del Border Violence Monitoring Network”.

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Se l’operato delle ong porta a risultati, il lavoro di ricerca e indagine che li precede non è sempre semplice in Croazia. “Il nostro lavoro- denuncia Avon- è spesso screditato e criminalizzato, al punto che il ministro degli Interni, Davor Bozinovic, ha dichiarato pubblicamente, senza alcun tipo di prova o riscontro, che noi collaboriamo con i trafficanti di uomini”. Un ostruzionismo, a detta dell’attivista, rivolto anche contro le stesse istituzioni croate. “Esiste una garante dei diritti, è molto attiva, ma spesso il suo lavoro viene ostacolato” denuncia Avon: “Le vengono negati i documenti della polizia o scompaiono le registrazioni che le servono”.

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