Kristo, la nuova creazione di Roberto Zappalà approda al Teatro Verga in prima siciliana

Una coproduzione Teatro Stabile di Catania, Scenario Pubblico. Nove le repliche dal 9 al 18 dicembre

Un uomo che si crede Cristo, un uomo che finge di essere Cristo, un povero cristo. Tutti plausibili, legittimi, connessi, inestricabili aspetti e manifestazioni di una “forma” schizofrenica che la figura del performer stratifica sulla scena come su di un antico palinsesto; con il suo corpo e la sua voce, nel suo corpo e nella sua voce.

Un uomo dotato di autoironia e di dubbi, un poco smemorato e anche vanitoso, che forse soffre di un disturbo di personalità multipla.

E’ questa la dimensione concepita da Roberto Zappalà per la sua nuova creazione, intitolata Kristo (quadri di dubbia saggezza), reduce dal successo del debutto nazionale e in scena in prima siciliana dal 9 al 18 dicembre al Teatro Verga di Catania, per la stagione del Teatro Stabile.

Regia e linguaggi del corpo ma anche luci e costumi portano la firma di Roberto Zappalà. Nel lavoro precipuo rilievo assumono i testi, in gran parte una selezione di autori eccellenti: tutto a cura e con i raccordi del drammaturgo Nello Calabrò, che lavora da anni in simbiosi con Roberto Zappalà e la sua Compagnia. Nelle recite si alternano Salvatore Romania e Massimo Trombetta, due interpreti di vivida intensità e profonda introspezione, che hanno collaborato ognuno alla personale definizione del protagonista.

Le “donne al seguito” sono impersonate da Rebecca Bendinelli, Giulia Berretta, Sofia Bordieri, Andrea Rachele Bruno, Oriana Catania, Laura Finocchiaro, Paola Fontana, Simona Puglisi, Anaelle Spampinato, Paola Tosto, Alessandra Verona e sono state selezionate tramite un workshop che il regista tiene con pubblico promiscuo in ogni città dove viene proposto lo spettacolo. Musiche originali e tappeto sonoro sono stati realizzati dal giovane gruppo musicale catanese l’écume des jours.

Kristo è una coproduzione Teatro Stabile di Catania, Scenario Pubblico Centro di rilevante interesse nazionale, in collaborazione con MILANoLTRE Festival e con il sostegno di Ministero della Cultura e Regione Siciliana – Assessorato del Turismo, Sport e Spettacolo.

Dopo i numerosi e pluripremiati spettacoli di danza contemporanea che hanno costellato la sua prestigiosa carriera ultratrentennale, Roberto Zappalà non ha concepito questa volta una coreografia ma ha scelto la strada del teatro visivo. Un approccio che arricchisce di nuovi stimoli e significati la folta produzione del fondatore e direttore artistico di Scenario Pubblico/Compagnia Zappalà Danza.

In Kristo non si accenna alla più grande storia mai raccontata, per citare il titolo del film di George Stevens, né si vuole aggiungere alcuna, per quanto piccola, nota a margine all’assordante rumore audio/video che più di duemila anni hanno prodotto sull’argomento.

Si propongono delle visioni fatte di immagini, suoni e parole che lasciano libera l’immaginazione e hanno come centro propulsore il corpo del performer. Un corpo che si muove, deambulando in una scena casa/appartamento/palestra, attraverso quadri scenici che si susseguono senza soluzione di continuità.

Un corpo che utilizza e anche distrugge oggetti; oggetti trasfigurati nella loro quotidianità come una bici usata allo stesso modo che nella “passione vista come corsa ciclistica in salita” di Jarry. “Quadri di dubbia saggezza”, come recita il sottotitolo, nell’ironico doppio significato di saggezza che viene dal dubbio e di dubbio che questa sia saggezza.

Il Cristo immaginato dal personaggio-uomo in scena non è certo l’essere unico che ha segnato uno spartiacque nella storia dell’umanità, ma si trasforma in una moltitudine, per cui vale quello che dice Hampâté Bâ nella lingua bambara del Mali «maa ka mmaya ka ca a yere kono»: “le persone di una persona sono numerose in ogni persona”.

Alle origini del Cristianesimo, esisteva una contrapposizione tra coloro che avevano o meno conosciuto Gesù. La conoscenza kατά σάρκα (“nella carne”) – cioè attraverso il corpo, dal vivo come diremmo oggi – dava maggiore autorevolezza nelle continue dispute e lotte di potere di un Cristianesimo ancora agli albori.

Il corpo, la “carne” del performer, e i testi proferiti sono la chiave di volta che regge e sospinge la creazione. L’interprete scelto da Zappalà non recita, ma reagisce; le parole sono una conseguenza di quello che il suo corpo attua in scena. Immagini e suoni accompagnati da parole che non sono (tranne in un caso) quelle dei Vangeli. Parole di autori fra i più disparati che convergono nella voce e nel corpo del performer in scena. Parole che interrogano e sconcertano, che creano cortocircuiti del linguaggio,

condivisibili o meno, che non possono essere sfruttate e prostituite per alcun fine, come troppo spesso è stato fatto e si continua a fare con quelle del Cristo. Un montaggio (e smontaggio) di pensieri, citazioni, frasi, aforismi, versi, interviste.

Nella messinscena si susseguono così citazioni da Kurt Vonnegut, Charles Simic, Wisława Szymborska, Stanisław Jerzy Lec, Michel Tournier, Quino, Gianfranco Ravasi, Olga Tokarczuk, Ryszard Kapuscinski, Richard Feynman, Amadou Hampâté Bâ, Leonardo Sciascia, Daniel Marguerat, Paolo Poli, Stephen Hawking, Jimmie Durham, Blake Edwards, Ron Padgett, Wystan Hugh Auden, Mario Savio, Milan Kundera, Fernand Deligny, Ernest Hemingway.

Osserva Roberto Zappalà: “Nel mio Kristo, opera che amplia il progetto Transiti Humanitatis, si cerca di sottolineare come, specie in questo momento storico, l’umanità è ostaggio di una schizofrenia galoppante che sta contribuendo alla costruzione di una società  dentro la quale non riesco più a rispecchiarmi in pieno.

Si sta perdendo lo sguardo reciproco, la modestia dei gesti e la quotidianità dell’incontro. La schizofrenia è il comportamento salvifico di quell’umanità che non riesce più ad afferrare un certo tipo di Mondo ormai sfuggente, opaco e inquietante. Pur con tutto ciò rimango un ottimista inguaribile”.