Il sottosegretario all’Istruzione Sasso: “Preservare lo scritto all’esame di maturità”

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ROMA – “Ho letto con attenzione le affermazioni di chi dal mondo degli ‘adulti’, tra cui illustri docenti universitari, pedagogisti, associazioni di famiglie, sta lanciando un serio grido di allarme nei confronti degli studenti. Un grido che chiama direttamente in causa chi, dinanzi alle richieste di ogni genere da parte di ragazzi poco più che adolescenti, mostra spesso accondiscendenza se non vera e propria arrendevolezza”. Così in un post su Facebook il sottosegretario all’Istruzione, Rossano Sasso, esponente della Lega.

“In un periodo peraltro caratterizzato da movimenti più o meno spontanei di studenti che occupano le scuole (trascurando che dopo due anni di pandemia la didattica in presenza dovrebbe essere un qualcosa da difendere a denti stretti). Molti tra loro lamentano la mancanza di investimenti, ignorando i bandi del Pnrr per 5 miliardi di euro partiti l’altro ieri, o insultano e attaccano i dirigenti scolastici in modo spesso pretestuoso. Ma – continua il sottosegretario – al di là di queste rivendicazioni, figlie di una cultura di certa parte politica, quello che dovrebbe far riflettere tutti è il tentativo di delegittimazione dell’impegno. La cancellazione del mito del sudore, del sacrificio che però poi porta al risultato, del ‘no pain no gain’. Del partire tutti dalla stessa posizione di uguaglianza, con pari condizioni, ma dell’arrivare in alto grazie allo studio, all’impegno, al sacrificio appunto. L’ascensore sociale ha ancora senso o no? La nostra società, già permeata dal disimpegno creato dal mito del reddito di cittadinanza, sta appunto conoscendo un nuovo rischio generazionale, quello del disimpegno nell’istruzione e nella formazione”.

Il sottosegretario leghista prosegue: “La scuola italiana in verità non è nuova al 6 politico o ai 18 presi nelle università occupate, con tutti i disastri che ne sono conseguiti… Accade sempre più di rado che uno studente venga bocciato: ormai il valore catartico dell’insuccesso si è perso a beneficio di una poco pedagogica pacca sulla spalla. Da qualche settimana gira una raccolta di firme online che sembra essere stata catapultata nel presente direttamente dal 1968: abolizione della prova scritta agli esami di maturità. In pochi giorni decine di migliaia di firme, di commenti e la politica che timidamente pare essersi schierata al fianco degli studenti e di questo loro desiderio (capriccio). Una scelta autolesionista, sia perché la prova scritta costituisce una occasione in più per farsi mettere un bel voto sia perché priverebbe i ragazzi di una adeguata preparazione, didattica e motivazionale: se so che mi cancellano lo scritto, perché dovrei esercitarmi nello scrivere? Già molti studenti scrivono poco e male, complice anche la digitalizzazione della comunicazione, se poi gli diciamo anche che non ci sarà più la prova scritta allora è la fine”.

“Comprendo la presa di posizione degli accademici, che evidentemente già da tempo vedono giungere negli atenei matricole che non sanno scrivere, mentre stupisce la timidezza dei docenti delle scuole superiori e imbarazza quella della politica. Quanto al ministero che mi onoro di rappresentare come sottosegretario – aggiunge Sasso – , sugli esami di maturità auspico fortemente che ci sia un ritorno alla normalità e alla serietà di una prova scritta che manca da due anni e la cui assenza penalizza proprio gli studenti. Al serio e probabile rischio di essere impopolare tra gli studenti e tra parenti e figli di amici, reagisco con quello che ritengo debba essere il denominatore comune di chi educa: pensare a ciò che è meglio per il loro bene ed il loro futuro, non ad essergli amico a tutti i costi. Se ad un timore o alla paura di un figlio un papà o una mamma reagissero assecondando quella paura, non farebbero l’interesse del figlio. Bisogna incoraggiare a vincerla quella paura, impegnandosi e sacrificandosi, rifiutando la facile scorciatoia del disimpegno. Il mondo di domani non ha bisogno di sdraiati, di disimpegnati. Prima il decisore politico, i genitori, gli insegnanti e gli intellettuali lo capiscono, meglio è. Se vogliamo essere davvero amici dei nostri studenti, educhiamoli all’impegno. Oggi ci contesteranno, magari domani ci diranno grazie”, conclude il sottosegretario.

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