Gogliettino (Ancal): Equo salario ed equo compenso, riforme improcrastinabili

Parla il segretario generale dell’Associazione nazionale commercialisti area lavoro

“Seppure l’accostamento potrebbe sembrare inappropriato, in realtà che si parli di salario minimo piuttosto che di equo compenso non muta la funzione sottesa ad entrambi gli strumenti: garantire a tutti i lavoratori, subordinati o autonomi che siano, e alle loro famiglie quella giusta e necessaria dignità economica e sociale che uno Stato di diritto deve tutelare, a prescindere dalla qualificazione giuridica del rapporto di lavoro”.

Lo afferma Gian Piero Gogliettino, segretario generale dell’Ancal (Associazione nazionale commercialisti area lavoro):

“Fatte le dovute eccezioni si tratta in entrambi i casi di lavoratori sempre più economicamente dipendenti, esposti sovente a una plausibile condizione di debolezza contrattuale, precarietà e impoverimento, oggi accentuata ulteriormente dai recenti episodi pandemici e bellici”.

“Non si può sottacere la circostanza – prosegue Gogliettino – che nel corso degli ultimi anni, anche in ragione di una sempre più complessa sussunzione di una precipua attività lavorativa nell’area della subordinazione o dell’autonomia, si sia sviluppata una massiccia migrazione, talvolta simulata, verso fattispecie contrattuali non coerenti con la concreta modalità di esecuzione della prestazione lavorativa, con l’intento di aggirare o mitigare qualunque forma di tutela, soprattutto salariale”.

“Diventa pertanto prioritario e ineluttabile un intervento del legislatore, che sappia arginare meccanismi perversi pure sul piano della determinazione del trattamento economico, fissandone quindi una soglia minima, così da evitare l’aggravarsi sempre più di fenomeni di working poor, con un appesantimento della spesa sociale, o di fuga verso forme di reddito minimo o di cittadinanza”.

“Condivisibili le azioni normative risolutive di cui si sta discutendo in questi giorni – incalza Gogliettino – anche rispetto alla sensibilità mostrata dagli organismi europei evidentemente per ragioni di social dumping ovvero, per le attività professionali, anche per quelle non disciplinate dalla legge, la definizione di una norma che attribuisca ai ministeri competenti la fissazione di un corrispettivo minimo, con apposita decretazione”.

“Rispetto, invece, al salario minimo per i lavoratori subordinati il modello sovrano non può che essere quello proposto recentemente dal ministro Andrea Orlando alle parti sociali, rispettoso sia del nostro contesto ordinamentale costituzionale che dei desiderata del Parlamento europeo – aggiunge Gogliettino -, confluiti in una proposta di direttiva: definire una legge sulla rappresentatività sindacale che, nel valorizzare e rafforzare il ruolo sociale e di presidio delle organizzazioni sindacali più rappresentative, attribuisca forza di legge ai contratti collettivi sottoscritti dai medesimi sindacati, determinando così attraverso una loro efficacia generalizzata un minimale retributivo che rappresenti quel necessario baluardo rispetto a quel triste fenomeno oggi sempre più diffuso di dumping salariale”.

“Pur tuttavia, affinché la misura sia efficace e non dia origine a correlati effetti distorsivi, uno fra tutti un aumento del costo del lavoro – conclude Gogliettino – diventa indispensabile la previsione di una fiscalità di vantaggio che abbatta significativamente il cuneo fiscale e contributivo, rappresentando comunque il salario, per le imprese, un fattore di competitività”.