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Giornalista incarcerato in Eritrea dal 2001, una fondazione svedese lo premia: “Coraggio eccezionale”

MondoGiornalista incarcerato in Eritrea dal 2001, una fondazione svedese lo premia: “Coraggio eccezionale”

ROMA – Ha compiuto nei giorni scorsi 60 anni il giornalista Dawit Isaak, di cui 23 trascorsi in una prigione in Eritrea senza mai arrivare a giudizio, e risulta ancora detenuto senza che la famiglia o gli avvocati possano sapere dove si trovi e in quali condizioni. Per ricordare la sua vicenda e per evidenziare il suo “eccezionale coraggio” a “difesa della libertà di espressione”, la Fondazione Edelstam con sede a Stoccolma gli dedica l’edizione 2024 dell’Edelstam Prize, riconoscimento conferito ogni due anni a chi si distingue nella lotta per i diritti umani nel mondo.
Per la causa di Isaak si sono già mobilitati in molti, anche le autorità svedesi, dal momento che il reporter anche la cittadinanza svedese.  Ora, tramite l’Edelstam Prize, viene rilanciata la sua storia: Isaak è stato arrestato e incarcerato nel 2001 in qualità di co-fondatore di una testata indipendente, ‘Sitat’, attraverso la quale pubblicava articoli con cui chiedere alle istituzioni progressi democratici e libertà fondamentali.
Oggi, come evidenzia ancora la Fondazione, Isaak vanta quindi un triste primato: “E’ il giornalista arbitrariamente detenuto per più tempo al mondo”. Il suo arresto non fu però un caso isolato. “In 23 anni è stato rilasciato solo una volta per vedere un medico” ha riferito ancora la Fondazione, “ed è stato portato in ospedale. Una volta dimesso, è tornato subito in carcere”. Inoltre, dal 2001 “i funzionari consolari non hanno mai potuto fargli visita”.
 
ERITREA, PAESE CHE NON HA MAI TENUTO ELEZIONI
L’Eritrea, Paese africano che si affaccia sul Mar Rosso con un passato coloniale italiano e britannico, ha ottenuto l’indipendenza tra il 1991 e il 1993. Da allora è guidato da un sistema monopartitico – il Fronte popolare per la democrazia e la giustizia – che vede al governo il presidente Isaias Afewerki, eletto dall’Assemblea nazionale. Da allora non si sono mai tenute nuove elezioni. A fine anni Novanta, una riforma della Costituzione portò a programmare il voto per il 2001, ma questo non avvenne. La conclusione della guerra con l’Etiopia – contro cui gli eritrei avevano già dovuto combattere per ottenere l’indipendenza – dette motivo al governo di Asmara per denunciare una situazione di instabilità che aprì la strada all’abolizione dei giornali dell’epoca. Seguirono inoltre numerosi arresti tra giornalisti ma anche attivisti e oppositori politici.
Le organizzazioni per i diritti umani sostengono che contro questi prigionieri di coscienza non sono stati spiccati capi d’accusa, né è stata data loro la possibilità di difendersi a processo. Inoltre, dall’arresto sarebbero finiti in un “buco nero” a cui né familiari né legali hanno accesso: impossibile sapere dove siano tenuti e in quali condizioni di salute versino. Lo conferma la presidente del Premio, Caroline Edelstam: “Siamo molto preoccupati per la salute di Isaak. Nessuno sa dove sia tenuto. Non è accusato di alcun crimine e gli è stato negato l’accesso alla famiglia, all’assistenza consolare svedese e al diritto all’assistenza legale: di fatto, si tratta di una sparizione forzata”.
A ritirare il premio al posto suo il prossimo 19 novembre a Stoccolma ci sarà la figlia del giornalista, Betlehem Isaak.Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo https://www.dire.it

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