Crisi impresa, Sisto (Giustizia): “Con il nuovo codice le imprese diventano partner delle istituzioni”

Cuchel (commercialisti): “Solo 1400 negoziatori iscritti all’albo. Troppo pochi”

Reali (Presidente Tribunale Roma): “Diritto fallimentare cede passo a diritto liquidatorio”

Campobasso (Università Bari): “Assetti organizzativi determinanti per continuità imprese”

Maggioni (Tribunale Ragusa): “Concordato semplificato avrà portata molto ampia”

ROMA – “La composizione negoziata per la crisi d’impresa è stata la grande scommessa messa in campo per riscrivere il rapporto difficile tra PA e aziende. Un diritto per l’impresa che non è più bersaglio di accertamenti ma diventa partner delle istituzioni.

Il cantiere aperto è un’immagine bella di un work in progress finalizzato ad uno scambio virtuoso che è presupposto per il funzionamento dell’intero sistema”.

Queste le parole di Francesco Paolo Sisto, sottosegretario al ministero della Giustizia in apertura della prima giornata del Forum “Crisi d’impresa, il cantiere aperto della riforma delle procedure concorsuali all’epoca del Covid” promosso dall’Associazione Nazionale Commercialisti con il patrocinio della Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili, presieduta da Luigi Pagliuca.

“L’impresa deve diventare un luogo di legalità diffusa e il professionista diventa punto di riferimento importante per guidare l’azienda nel rispetto delle regole. In quest’ottica gli obblighi di riservatezza occupano un ruolo fondamentale.

Gli imprenditori – ha proseguito Sisto – sono sempre cauti nel dire le cose come stanno, come se ammettere le difficoltà fosse una sorta di auto incolpazione. Nello spirito del decreto sulla crisi d’impresa l’esperto è una sorta di confessore per l’imprenditore e non è tenuto a espandere informazioni che potrebbero avere anche rilevanza penale.

Una tutela importante pienamente in linea con gli obiettivi della norma che come priorità ha sostituito al punire l’imprenditore la necessità di salvare impresa”.

Sul cambio di approccio della normativa si è soffermato Roberto Reali, Presidente del Tribunale di Roma: “Con questa riforma potremmo parlare di diritto liquidatorio e non più fallimentare viste le modifiche di approccio alla materia.

Il termine Cantiere aperto si addice alla situazione attuale perché, nonostante la riforma sia stata preceduta da vari studi e lavori preparatori per colmare una notevole vacatio legis, solamente l’applicazione pratica ci consentirà di capire le problematiche che investono sia gli imprenditori, che non dovranno più avere paura delle procedure concorsuali, che degli operatori del diritto.

Negli Usa l’imprenditore fallito non è considerato come qualcuno che doveva esser bollato da un marchio d’infamia ma come uno che dagli errori nell’esercizio dell’impresa può iniziare una nuova attività.

E’ questa l’ottica nella quale si pone la nuova normativa. Tuttavia lo scarso numero di richieste presentate in Tribunale denotano il fatto che gli stessi imprenditori devono entrare nell’ottica di questa nuova visione della materia.

Con alcune perplessità: i costi della procedura di allerta, sui quali bisogna riflettere, e la posizione di terzietà del giudice alla luce della nuova attribuzione sulla valutazione della fattibilità economica del concordato”.

Un ruolo fondamentale sarà giocato dagli assetti amministrativi delle imprese come ha sottolineato Francesco Campobasso, professore di Statistica all’Università degli Studi di Bari e componente della Commissione Ministeriale sul C.C.I.I.: “Parlare di assetti amministrativi adeguati vuol dire parlare di commercialisti.

In questi assetti organizzativi è compreso il collegio sindacale perché presidio fondamentale di questa riforma. Il commercialista da un lato fa da ‘confessore’, dall’altro avrà una responsabilità accentuata rispetto al passato.

Mantenere in vita l’azienda è una questione di sostenibilità. Bisogna fare in modo che le aziende vivano anche a prescindere da chi le conduce, superando l’identità tra imprenditore e impresa.

Spersonalizzare l’impresa attraverso gli assetti amministrativi che rendono l’azienda appetibile sul mercato a prescindere da chi la conduce è un tema fondamentale del cantiere aperto di questa riforma che non può non tener conto del cambiamento dei modelli di business.

Per questi nel testo – continua Campobasso – si parla di continuità diretta e indiretta. La riforma, quindi, vuole incentivare la continuità in un momento in cui la crisi ha ancora riflessi importanti nel tessuto economico e finanziario italiano ricordando, però, che la mancanza di assetti adeguati è considerato inadempimento da parte dell’imprenditore e potrebbe costituire motivo per adire il tribunale”.

Cosa avviene a valle della procedura è stato illustrato da Claudio Maggioni, Giudice Delegato della Sezione Fallimentare del Tribunale di Ragusa: “Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio avrà una portata molto ampia.

L’istituto, introdotto con gli artt. 18 e 19 del decreto 118, che può favorire la continuità dell’impresa, è figura giuridica a sè stante con una disciplina autonoma. Non è una figura transitoria ma un istituto di portata generale che si colloca anche oltre la fase emergenziale con il quale è nato.

Caratteristica principale è la semplificazione sia dal punto di vista procedurale che sostanziale. Si colloca alla fine della procedura e in fase di presentazione è molto più snello. Basta che non ci sia pregiudizio per i creditori e che vi sia una utilità per ciascuno.

Il tribunale valuta solo la proposta e fissa l’udienza essere sottoposto all’approvazione dei creditori. Prescinde dai limiti minimi dei creditori chirografari ed eviterà di ricorrere a procedure fallimentari inutili consentendo di arrivare subito alla liquidazione del patrimonio che poi è l’obiettivo di tutte le procedure concorsuali”.

Per Roberto Rossi, Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Bari: “E’ prioritario proporre modelli positivi per le regolazioni della crisi d’impresa partendo dai problemi di fondo dei vecchi modelli, La patologia fondamentale è: che cosa fa imprenditore che entra in crisi? Si trova di fronte l’istituto bancario, i fornitori strategici e il fisco. Le patologie principali si creano con fisco e istituto bancario.

Per il primo, registriamo circa 14 mld di euro ogni anno di imposte dichiarate ma non versate. Non parliamo di evasione fiscale ma di chi non ce la fa, perchè ha necessità di autofinanziarsi.

Altro problema è il rapporto patologico con il sistema bancario dove imprenditore in sofferenza non viene più tutelato causando conseguenze devastanti per il sistema economico perché i buchi bancari vengono poi coperti con l’intervento dello Stato.

Di fronte a queste patologie i vecchi PM intervenivano alla fine, quando ormai ci si limitava ad attuare sanzioni penali.

Il curatore non trovava niente, i creditori non erano soddisfatti. L’idea del codice della crisi anticipare il controllo responsabilizzando l’imprenditore istituendo un assetto organizzativo per rilevare tempestivamente le difficoltà”.

Il Forum è stato introdotto da Marco Cuchel (presidente di Anc): “A molti è sfuggito che parte della norma è già entrata in vigore nel 2019. Abbiamo promosso la collaborazione tra professionisti per affrontare questa materia nello spirito di prevenire situazioni gravi delle imprese e supportarle nella piena legalità a superare la crisi. Dai dati Unioncamere sul numero di negoziatori iscritti in elenco, attualmente solo 1421, emerge dunque una criticità forte.

Troppo pochi rispetto alle necessità. Rischiamo di avere un cantiere in movimento che non sarà in grado di rispondere alle esigenze del mercato. Vanno favorite le iscrizioni – osserva Cuchel – soprattutto da parte dei giovani professionisti e alcune norme regolamentari, come ad esempio la previsione dell’esperienza consolidata in ristrutturazione di aziende, non aiutano. I commercialisti hanno già di per loro le competenze necessarie per seguire queste procedure”.

“Quando la politica attinge dal mondo reale i risultati arrivano. I problemi della nuova normativa – ha evidenziato Pagliuca, che ha espresso soddisfazione per l’iniziativa – si vedranno work in progress ed è lì che bisognerà intervenire mantenendo lo stretto rapporto tra legislatore, operatori del diritto e professionisti, così come accaduto oggi”.

La necessità di un lavoro comune è stata espressa anche da Antonino Trommino, Presidente Associazione ADR e Crisi: “Abbiamo consolidato con i professionisti questo lavoro sul cantiere aperto. La composizione negoziata dovrà ancora essere oggetto di modifiche. Una delle problematiche è quella fiscale.

Non dimentichiamo che nella composizione negoziale e nei casi di sovraindebitamento occorrono agevolazioni per gli imprenditori. E ricordiamo la necessità di attuare lo statuto del contribuente per ottenere la parità dei diritti tra fisco e contribuente”.

I saluti dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Roma e dell’Ordine degli Avvocati di Roma sono stati effettuati rispettivamente da Rodolfo Ciccioriccio e Maria Agnino.