Covid e caro bollette, in Emilia-Romagna scatta lo sciopero delle piscine

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ROMA – Le piscine dell’Emilia-Romagna per la prima volta vanno in sciopero. La protesta è in programma domenica prossima, 6 febbraio, una “misura estrema” decisa insieme al coordinamento nazionale dei gestori degli impianti. A spiegarlo è Roberto Veroni del coordinamento regionale, attivo da 20 mesi e che a gennaio si è costituito in associazione. Tra i limiti imposti dalla pandemia e il caro-bollette, spiegano i gestori, la situazione delle piscine dal punto di vista economico-finanziario è in caduta libera. Per questo l’associazione formula una serie di richieste, per salvare un settore che solo in Emilia-Romagna conta circa 30.000 addetti e centinaia di migliaia di utenti.

Alla Regione, spiega Luca Bosi del coordinamento regionale, “chiediamo che si metta subito in campo un altro bando per ristori a fondo perduto” e che venga rinnovato il bonus piscine. Al Governo, invece, la richiesta è di un un contributo da 150 milioni di euro “per calmierare la situazione”, l’estensione dell’ecobonus 110% agli impianti natatori e l’inserimento delle piscine da parte del ministero negli aiuti previsti per gli impianti energivori contro il caro-bollette. Infine, a livello sia nazionale sia regionale, “chiediamo agli enti pubblici di farsi promotori di un piano di riequilibrio economico-finanziario” a sostegno dei gestori degli impianti. “Solo così possiamo continuare a garantire lavoro agli addetti e i servizi agli utenti”, afferma Bosi.

In 23 mesi di pandemia, sottolinea il coordinamento dell’Emilia-Romagna, le piscine sono rimaste chiuse in tutto per 11 mesi e oggi sono alle prese, da una parte, con la recrudescenza della pandemia che sta causando “una riduzione del 50% dell’utenza” e, dall’altro, con l’aumento dei costi dell’energia che ha provocato “aumenti fino al 100%” nelle bollette. Noi viviamo di piccole quote e migliaia di presenze- sottolinea Veroni- il Covid ha creato una disparità di equilibrio economico-finanziario, ma non possiamo scaricare sulle tariffe per gli utenti l’aumento dei costi. Inoltre, abbiamo protocolli ancora esistenti che limitano la capienza al 40%”.

Il coordinamento piscine Emilia-Romagna ricorda che i gestori degli impianti hanno una “funzione sostitutiva degli enti pubblici. La sinergia tra attività e gestione aumenta il livello qualitativo- spiega Veroni- e consente al privato sociale di fare investimenti che il pubblico non riesce a fare”.Quindi, insiste l’associazione, “il nostre settore dovrebbe essere tutelato, ma non riusciamo ad avere un quadro economico chiaro. In più i ristori hanno escluso tutte le attività istituzionali come i corsi, quindi non possiamo usufruirne”. Fino ad oggi, segnala il coordinamento, “i vari decreti ristori hanno garantito somme che arrivano nemmeno al 5% dei ricavi annuali, quando mediamente si sono registrate riduzioni di fatturato di oltre il 50-60%. Somme che non bastano nemmeno a pagare un mese di utenze di luce, acqua e gas. Molti impianti non hanno riaperto dopo la pausa natalizia, significa che le persone non potranno più fare sport. Significa togliere salute, benessere e quel minimo di socialità che è rimasta”.

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