Contraddittorio endoprocedimentale: il Parlamento deve adeguare la normativa

Non è compito della Corte Costituzionale

Non può essere una pronuncia della Corte Costituzionale a ‘sdoganare’ l’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale rispetto a qualsiasi tipo di accertamento, in quanto tale compito spetta al Parlamento.

È quanto emerge dalla lettura della sentenza n.47 del 2023 con cui i Giudici della Corte Costituzionale ‘rispondono’ alla Commissione Tributaria Regionale della Toscana che, in riferimento all’art.3 Cost., aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art.12, comma 7, della Legge n.212/2000 (Statuto dei Diritti del Contribuente), nella parte in cui non prevede il contraddittorio endoprocedimentale negli accertamenti ‘a tavolino’ posti in essere dall’Agenzia delle Entrate.

“Per i giudici della Commissione toscana, il principio stabilito dal citato art.12 secondo cui l’obbligo del contraddittorio deve precedere in ogni caso l’emissione di un avviso di accertamento all’esito di qualsiasi tipo di controllo – osserva Fedele Santomauro, vicepresidente dell’Istituto Nazionale Esperti Contabili -, è impedito dal diritto vivente risalente alla sentenza n. 24823/2015 delle Sezioni Unite”.

La norma censurata violerebbe allora l’art. 3 Cost, per «evidente disparità di trattamento» in quanto, il contribuente deve essere messo in condizione di fornire elementi utili a verificare la fondatezza della pretesa tributaria.

“La Corte costituzionale, pur rilevando l’inadeguatezza dell’attuale normativa – conclude Santomauro – ha dichiarato l’inammissibilità della questione, in quanto il superamento del rilevato dubbio di legittimità esige un intervento di sistema che spetta unicamente al Legislatore”.